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Gli auguri di Natale dei tardivi digitali

Sondaggio veloce: chi di voi sta preparando i biglietti d’auguri di Natale da spedire e chi invece si affiderà a sms, email, facebook e messaggi elettronici in genere ?

Un rito che fino a qualche anno fa andava in onda più o meno ovunque era di preparare, all’inizio di dicembre, l’elenco delle persone a cui si intendeva fare gli auguri di Natale.  Sarebbe seguito l’acquisto dei bigliettini d’auguri più simpatici, poi carta e penna per mettere la propria firma e scrivere il destinatario, quindi un bel francobollo e la spedizione in posta.

Da qualche anno però i biglietti d’auguri che ricevo per le festività sono drasticamente diminuiti, mi sono chiesto se sono io diventato meno rilevante per gli altri, poi però mi sono accorto che anch’io ne invio molti meno e ho sostituito spesso il biglietto di cartoncino con un disinvolto e gratuito messaggio email dell’ultimo minuto. Il giorno di Natale degli ultimi anni poi ho ricevuto più sms che in tutti gli altri giorni dell’anno e la casella di posta nei giorni immediatamente precedenti immancabilmente si è intasata di  cartoline animate con video, foto e musica.

Siccome quelli che mi scrivono, e quelli a cui scrivo, sono più o meno coetanei, mi sono convinto che anche noi, “tardivi digitali” o “immigrati digitali”, ci stiamo convertendo agli auguri elettronici. Ma non rimane un po’ di nostalgia per le vecchie abitudini ?

(L'”immigrato” digitale è una persona cresciuta prima delle tecnologie digitali e che le ha successivamente adottate; anche il “tardivo digitale” è cresciuto senza tecnologia ma continua a rifiutarla o a guardarla con diffidenza.  Non so chi abbia inventato i due termini, in contrapposizione a “nativo digitale”, mi sembrano comunque espressioni azzeccate).

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Scripta volant

Forse non ve ne siete accorti, cari ragazzi di sessant’anni che leggete questo blog e che postate su facebook i vostri commenti, ma nel corso dell’ultimo anno siete stati voi i protagonisti di una rivoluzione, quella mediatica.

  Sì, perché la penetrazione di Internet tra gli italiani è schizzata nell’ultimo anno da poco più del 50% al 62% (pensate che dieci anni fa solo il 27,8% utilizzava Internet) e la parte del leone in questo balzo è attribuibile soprattutto ai social media, soprattutto a You Tube (raggiunge il 61,7% di utenti tra le persone con accesso a Internet e quindi il 38,3% della popolazione complessiva) e ancor di più a  Facebook (66% degli internauti che usano questo mezzo nel 2012 rispetto al 49% dell’anno scorso; vuol dire che il 41,3% degli italiani usa facebook!).   Tutti a scrivere dunque, ma non è più come una volta che “scripta manent”, ora “scripta volant”, con post leggeri ed effimeri come solo le parole sapevano essere una volta.

Questi che ho riportato sono alcuni dei dati proposti dall’interessantissimo “Rapporto sulla comunicazione 2012”, appena pubblicato, che il Censis produce annualmente e che quest’anno s’intitola “I media siamo noi”.

Siete stati protagonisti di una rivoluzione, cari senior, anche perché secondo le indagini del Censis in tutte le classi di età si nota un incremento del consumo dei media, ma l’aumento più rilevante è quello che ha interessato i senior.  Il Censis propone i suoi dati dividendo in quattro classi di età (14-29 anni, 30-44 anni, 45-64 anni, 65-80 anni); ebbene, è netto il balzo in avanti della classe di età più anziana tra quelle considerate: “43,4 punti in più rispetto ai soli 2 punti in più per i giovani di 14-29 anni… Tra i tanti luoghi comuni che hanno fatto il loro tempo, c’è anche quello che considera le persone anziane del tutto estranee ai flussi dell’innovazione nel campo della comunicazione”.

Già nel Rapporto dell’anno scorso si leggeva come la “dieta mediatica” (cioè il mix di mezzi di comunicazione utilizzati da ciascuno di noi: televisione, radio, quotidiani, periodici, libri, cellulari, smartphone, internet nei suoi vari e sconfinati utilizzi, ecc:), cambia molto al cambiar dell’età. Da questo punto di vista le due classi di età più anziane confermano una “dieta” più varia di quella delle generazioni più giovani, in particolare una “dieta” aperta a tutti i mezzi. E’ vero che tra gli over 65 c’è un 43,2% che si ciba con diete solo audiovisive (essenzialmente tv e radio) e che l’accesso a Internet, pur essendo cresciuto molto, è ancora un misero 16,5% (tra i 45-64enni si arriva già al 42%) , ma la varietà è data da un consumo di mezzi a stampa (essenzialmente giornali e libri) che i più giovani hanno in misura molto più ridotta.

Insomma, noi senior non ci facciamo mancare un po’ di tv (come fanno tutti, anche i giovani), ascoltiamo la radio (soprattutto dall’autoradio), sempre di più stiamo scoprendo Internet e popolando i social network, ma dedichiamo del tempo anche a leggere libri, quotidiani, settimanali e mensili (anche se sempre meno), il che rende la nostra dieta mediatica la più varia fra tutte.

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Consumatori senior

Stiamo diventando, noi senior, il mercato più importante ?

1. La scorsa estate ho perso il mio cellulare, così insieme alla necessità di avere una nuova card mi sono ritrovato a vagliare una serie di cellulari, smartphone e altre diavolerie che mi venivano mostrati nei negozi specializzati.  Confesso, non sono un amante dei prodotti tecnologici, ma quando poi capisci che ti condizionano la vita quotidiana stai attento a quello che compri. Dopo un paio di lezioni prese da mio figlio mi sono sentito pronto per andare a chiedere informazioni nei negozi. Dove ovviamente ho fatto una figuraccia. Nel senso che non avevo mai la risposta  pronta alle domande tecniche che i venditori mi ponevano per capire su quale modello dovevano indirizzarsi. Mentre la loro attenzione era tutta concentrata sul descrivermi le meraviglie di prestazione degli attrezzi che mi volevano vendere, la mia era invece innanzitutto rivolta a quanto numeri e parole sul display fossero abbastanza grandi e quindi sufficientemente visibili anche se per caso non avessi avuto con me gli occhiali.                I venditori erano tutti molto giovani. Qualcuno si spazientiva subito e passava al cliente successivo in pochi minuti, qualcun altro, più paziente, mi spiegava e rispiegava col tono rassegnato. Ecco, anche se erano probabilmente tutti molto bravi ed ero contento di vedere dei giovani che lavoravano, io in quel momento avrei desiderato un coetaneo che avesse il mio stesso retroterra e che quindi potesse capire al volo tutte le mie titubanze.  Per non dire dei prodotti in sé, che se invece di complicarmi la vita con diecimila funzioni me l’avessero semplificata con le dieci per me essenziali, avrei davvero pensato ad un progresso dell’umanità. Eppure non credo di essere l’unico di questa popolatissima generazione ad avere queste esigenze, come mai chi produce e vende telefonini & simili non si è ancora dato una mossa ?

2. Nell’alimentare questo blog, vado sempre alla ricerca delle foto con cui corredare i testi.  E’ facendo queste ricerche che mi sono accorto che scovare delle foto di senior è piuttosto difficile.    Provate anche voi. Troverete a migliaia immagini di giovani e di quarantenni e a centinaia immagini di anziani “veramente anziani”.  Ma se il vostro intento è di rappresentare un 55-75enne le cose si complicano.  Anche la pubblicità tradizionalmente propone prodotti attraverso delle figure giovani. Solo recentemente stanno crescendo di numero gli spot in cui i protagonisti sono dei senior e le agenzie specializzate comunque utilizzano ancora con grande parsimonia i modelli delle nostri classi di età.  Ma non stiamo diventando, noi senior, il mercato più importante per dimensione e disponibilità di spesa ?

3.  Qualche giorno fa Pubblicità Italia titolava: “Gli active senior spingono l’economia”, spiegando: “Il Giappone si muove velocemente per meglio rispondere e sfruttare la domanda di una popolazione sempre più anziana e con maggiori risorse economiche tanto che gli over 60 valgono ormai il 44% dei consumi”.  Nello stesso pezzo firmato da Armida Cuzzocrea si diceva:  “Con una struttura demografica molto simile a quella italiana, in cui gli anziani stanno diventando maggioranza, il Paese del Sol Levante si è preparato in anticipo per offrire ai 6,6 milioni di baby boomers che quest’anno gireranno la boa dei 65 anni prodotti e servizi tagliati su misura: come NTT DoCoMo, la compagnia telefonica che ha sviluppato uno smartphone tale e quale a quelli più avanzati, ma con icone più grande e un menu pre-installato dei siti web più utilizzati, o come il department store Mitsukoshi che propone lunghi week end di lusso sul Fujiama…o come i supermercati Family Mart che dal 2010 hanno modificato la loro strategia di marketing per offrire prodotti e servizi ad hoc per gli over 50”.     Il mondo è ormai globale. Di sicuro si stanno attrezzando anche dalle nostre parti. Però non vedo ancora molti esempi di prodotti e servizi pensati ad hoc per i senior.

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Davanti alla TV

L’immagine più trita e abusata dell’anziano solo è quella che lo prevede seduto in poltrona o in carrozzella, inebetito davanti alla televisione, diventata ormai compagna di vita per molte ore al giorno.  Qualche tempo fa mi è capitato di far visita ad un ricovero per anziani ed effettivamente molti degli ospiti erano depositati in sala tv, qualcuno seguiva i programmi, mentre la maggioranza non aveva più la testa per capire cosa stavano trasmettendo. In questo caso lo stereotipo triste coincideva con la realtà dei fatti.  Peraltro, anche l’anziano 80-90enne che sta bene e che se la cava in autonomia fa comunque parte di una generazione che si è abituata ad una dose quotidiana massiccia di piccolo schermo.

Tipicamente, l’informazione e l’intrattenimento per queste fasce di età viaggiano sul canale televisivo, che per le persone di quelle generazioni è stato sinonimo di benessere e di emancipazione.

Non c’è dubbio che anche le nostre generazioni, quelle dei cinquanta-settantenni di oggi, sono state cresciute a pane e televisione. Eravamo quelli del Carosello, la notizia dello sbarco sulla luna ce l’ha data la tv e i personaggi televisivi li conosciamo più di chiunque altro. Per decenni, per i pubblicitari è stato vangelo l’equivalenza: molti passaggi in tv uguale successo del prodotto da reclamizzare.  Uno diceva media e immediatamente pensava alla tv.

Ma l’impalcatura ha ormai iniziato a scricchiolare. Se è sicuro che le generazioni successive a noi stanno producendo una vera rivoluzione delle abitudini, dell’organizzazione dei media e del mercato pubblicitario, anche nel nostro caso i cambiamenti (o quanto meno la voglia di stare al passo con i tempi) si sta facendo strada con ritmi inimmaginabili sino a pochi anni fa.

Beninteso, nel corso delle mie indagini su come spendono quotidianamente il loro tempo i 55-65enni, la televisione fa ancora sempre capolino: fatta la tara ai pochi che l’hanno abolita, la gran parte non lesina il tributo quotidiano alla scatola nera, pardon allo schermo piatto. Eppure il mezzo televisivo è ormai diventato anche per noi uno dei tanti canali con cui tenerci informati e per l’intrattenimento, non è più il re incontrastato.

Forse la seguente notizia dovrebbe farci riflettere e stimolarci a prevedere cosa succederà nel prossimo futuro.  Pare che il 56% degli americani abbia appreso della notizia della strage di Aurora (quella del rosso tinto di capelli) da altre fonti non televisive. 
Da siti web il 14%, dalla tenacemente vitale radio il 13%, da facebook, twitter e altri social media il 5%. Naturalmente la forbice digitale si allarga tra i 18-24enni, tra i quali il 18% lo ha saputo con il passaparola, il 18% con facebook e tramite televisione solo il 21%. 
Sintesi: la rivoluzione digitale + il passaparola battono la televisione.

Siamo dunque una generazione di mezzo sul piano dei media, non tagliata completamente fuori dal cambiamento ma, da bravi nativi televisivi e non digitali, costretta ad una situazione  di perenne rincorsa verso le novità. In questo contesto la scelta di ciascuno è: sguardo rivolto all’indietro (“chi se ne importa di tutte queste novità che mi costano fatica e che appena ne ho imparata una ne esce un’altra!”) o sguardo proiettato in avanti (“anche se non sarò mai abile come mio figlio / mio nipote ho davanti a me ancora tanti anni in cui voglio sfruttare tutte le nuove opportunità e non esserne escluso”) ?

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Solidarietà tra generazioni cercasi

Di solidarietà tra generazioni in questo periodo si fa un gran parlare. Forse anche per la paura che le condizioni dei giovani portino a un conflitto aperto nei confronti dei senior e a una spaccatura sociale, l’Unione Europea ha voluto dedicare il 2012 non solo all’invecchiamento attivo, pensando in primo luogo alle  prospettive dei baby boomers, ma anche alla solidarietà tra generazioni, intesa in senso reciproco: cosa possono fare i senior per i giovani, cosa possono fare i giovani per i senior. Ad oggi il tema è affrontato prevalentemente mettendo sotto la lente d’ingrandimento due aspetti: uno è quello delle pensioni, l’altro è quello familiare. Mentre minore attenzione, anche se forse è il terreno più fertile, è stata data ad oggi allo scambio e all’integrazione di competenze e professionalità.

Per rendere plastico l’argomento, pensiamo ad Ettore, padre sessantenne, e a suo figlio Guido, ventottenne.  Partiamo dalla lente d’ingrandimento della previdenza sociale: Ettore da qualche mese ha visto allungarsi la sua età pensionabile per via delle recenti riforme e sa anche che suo figlio sarà tutelato meno di lui. La domanda che gli frulla in testa è: meglio che diano a me una pensione inferiore e più tardi purché sopravviva la previdenza anche per mio figlio oppure meglio che mi diano subito la pensione da sempre prevista ma con il rischio che salti tutto e  che quando sarà il turno di mio figlio l’Inps non esista più ? Guido a sua volta non ha rimostranze verso suo padre, ma gli sembra pacifico che invece di prevedere come pensione 100 per suo padre e 40 per sé, il rapporto si dovrebbe modificare almeno in 80 verso 60. Guido la solidarietà a suo padre la può dare, ma non fino al punto di svenarsi: i soldi che l’istituto di previdenza darebbe a suo padre come pensione non sarebbero quelli che lui ha versato come contributi per trenta- quarant’anni, investiti e rivalutati. Non funziona così: quei soldi sono già stati spesi per la pensione del nonno. La pensione a suo padre verrebbe dai contributi che verserebbe Guido, che però fa già fatica a tirare fine mese.

Sul piano dei rapporti familiari, come funziona la solidarietà è molto chiaro: siamo in Italia, la famiglia è il cemento più forte di ogni altra cosa e a Ettore sembra la cosa più naturale del mondo preoccuparsi del benessere del figlio, sia supportandolo economicamente fin dove può, sia cercando di aiutarlo nel trovare occasioni di lavoro. Anche Guido non disdegna il sostegno economico dei genitori, né qualche aiuto per farsi strada nel mondo. Ed entrambi danno per scontato che più avanti negli anni i genitori daranno una mano (piccola o grande che sia) nell’accudire i possibili nipoti e che Guido non girerà la testa dall’altra parte quando Ettore avrà bisogno di assistenza. Mica per niente si dice che la famiglia è il principale ammortizzatore sociale.

Eppure c’è ancora un altro terreno su cui si potrebbe far scattare una forma di scambio virtuoso tra generazioni: è quella dello scambio di competenze e professionalità.  Per capire le potenzialità di questo scambio bisogna uscire dai confini del rapporto padre-figlio e guardare più largo alle iniziative di associazioni e di organizzazioni.

Non sono tante queste iniziative, ma qualcuna c’è e soprattutto sono in crescita. Faccio alcuni esempi, sperando che non me ne vogliano i non citati. Tra Milano e Ivrea, una piccola associazione di volontariato, l’AISTP (Associazione Italiana per il Trasferimento e lo Sviluppo della Professionalità) chiama a raccolta dirigenti e professionisti in pensione per fornire assistenza e accompagnamento ai giovani in varie situazioni: quelli che al termine degli studi devono orientarsi nel mondo del lavoro, quelli che hanno maturato una idea di progetto di impresa ed intendono avviare una attività in proprio, quelli che incontrano difficolta’ di decollo nel lavoro. Anche nel mondo delle aziende qualcosa si muove: alcune, scottate dalla perdita di professionalità quando i senior vanno in pensione e ai giovani a tempo non è stata fatta alcuna formazione, stanno correndo ai ripari ricreando ruoli di tutor che consentano di trasferire competenze professionali ai giovani entrati.  Ancora: Il sito www.grey-panthers.it  per tutto il 2012 tiene una rubrica intitolata “I senior spiegano ai giovani come muoversi nel mondo del lavoro” – “I giovani spiegano ai senior come vivere più felici con internet”.  Sì’, perché se nel senso di marcia senior- giovani il contenuto principale è il trasferimento di professionalità, nel senso opposto, giovani – senior, la parte del leone la fanno i nuovi media.  Un ulteriore esempio in questa direzione lo offre il progetto della Fondazione Mondo Digitale di Roma “Nonni su Internet”, grazie al quale gli over 60 imparano ad usare le nuove tecnologie con l’aiuto degli studenti delle scuole superiori, che fanno loro da tutor. O ancora il progetto di Telecom Italia “Navigareinsieme”, grazie al quale i ragazzi delle secondarie inferiori e superiori accompagnano i senior nel mondo del web e delle sue applicazioni, consolidando poi l’esperienza fatta durante i corsi nella rete di “palestre informatiche” prevista dal progetto. Ma su questo obiettivo di alfabetizzazione digitale le iniziative sono davvero molte.

Insomma le possibilità di rendere concreta la solidarietà tra generazioni non mancano. Basta attivarle.

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I sessantenni vanno pazzi per skype

Lo sapevate che ormai più della metà degli italiani (il 53,1% per l’esattezza) fa uso di internet e che nella fascia di età 65-80 anni si è raggiunto il 15% ? Che il 77% circa degli italiani considera internet un potente mezzo al servizio della democrazia e che il 65,3% conosce facebook anche se poi l’utenza abituale si ferma al 37,5% ? Una miriade di interessantissimi dati sull’uso dei media, e in particolare sull’uso dei media digitali e dei social network, sono stati offerti dal Censis nel corso dell’anno passato con il “Nono Rapporto sulla comunicazione” redatto dall’istituto di ricerca.

Tra i cinque principali social network in circolazione (facebook, youtube, twitter, messenger e skype), la parte del leone la fa facebook, ma anche youtube non scherza con il 54,5% di utenza complessiva e il 25,5% di utenza abituale. Gli altri sono meno frequentati, ma in crescita e con numeri comunque significativi.

E i sessantenni in questo panorama come si comportano ?

I dati proposti dal Censis sono raggruppati, per le età più mature, nelle due ampie classi 41-64 anni e 65-80 anni. Vediamo allora i comportamenti di quest’ultima classe, anche se sarebbe interessante sapere se ci sono differenze significative con le abitudini dei 55-64enni.

Le sorprese non mancano. Benché di strada da fare ce ne sia ancora molta, siamo lontani dalla situazione di totale analfabetismo informatico e social-digitale di pochi anni fa: gli ultra-sessantacinquenni, in un numero che inizia ad essere significativo, si sono avvicinati a questo mondo.  In questa fascia di età gli utenti complessivi di messenger sono ben il 26% di coloro che accedono a internet, quelli di youtube il 17%, quelli di facebook l’11,3%. Percentuali che calano se si guarda all’utenza abituale, ma che obbligano ormai a ragionare con la scala delle centinaia di migliaia di persone. Twitter, arrivato più di recente, arranca buon ultimo, ma è probabile che negli ultimi mesi la situazione sia un poco cambiata. La vera sorpresa, parlando sempre di over 65, la offre skype. Ben il 46% degli ultrassessantacinquenni che fanno uso di internet sono utenti anche di skype, percentuale questa che è superiore a quella di tutte le altri classi di età, anche delle più giovani; inoltre il 13,7% ne è utente abituale, in questo caso con una percentuale analoga a quella delle altre classi di età.  Perché questa maggior confidenza con skype ? Forse la possibilità di comunicazione a costo zero, forse la possibilità di un mezzo che continua a consentire una comunicazione face-to-face anche se immagini e audio non sempre sono di buona qualità. Andrebbe capita, questa predisposizione positiva dei senior verso skype…

Resta il fatto che la situazione è in grande evoluzione. Se fino a poco tempo fa chi voleva avvicinare i senior a questi mondi doveva preoccuparsi solo di corsi di alfabetizzazione informatica, oggi, di fianco a queste iniziative che pure rimangono ancora essenziali, diventa importante riconoscere che chi ha smesso da poco di lavorare in qualche organizzazione, negli ultimi 10-20 anni non ha potuto star lontano da qualche computer e che il rigetto della tastiera non è più così diffuso come una volta. E neppure dimentichiamo che la curiosità dei senior verso le potenzialità dei nuovi strumenti social non è inferiore al tempo che possono dedicare ad utilizzarli. Quel che rimane invariato, probabilmente, è l’utilità, per aumentare la confidenza con i nuovi mezzi e per facilitare il loro apprendimento, di affiancare i senior ai cosiddetti nativi digitali, cioè ai ragazzi  che il digitale l’hanno assorbito insieme al latte materno.

 

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