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La cura di sé: buone pratiche

Ricevo da Silvia Ghidinelli e volentieri pubblico: “Ho raccolto alcune testimonianze, intervistando senior nell’Università della terza età della mia città, sul tema della cura di sé.     Che cosa è utile fare da parte di noi senior?

Innanzitutto si ha più tempo a disposizione, perciò si può lasciare la macchina e spostarsi di più a piedi per andare in centro o a fare commissioni; fare delle camminate o continuare a fare gli sport a cui siamo abituati, senza esagerare negli sforzi…

Si ha più tempo a disposizione e perciò sarebbe più facile la cura della propria persona, ma è bene prendere coscienza che spesso ci invade una certa pigrizia, che sopravviene perché c’è meno il confronto con gli altri nell’ambiente di lavoro, meno lo stimolo a vestirsi e a truccarsi, sollecitato anche dall’incontro con i colleghi più giovani. Allora che fare?

Andare regolarmente dal parrucchiere per la tinta o per un buon taglio, se si è deciso di essere delle “pantere grigie”, cioè di sbandierare con grinta la propria chioma naturale. Il parrucchiere di fiducia è un luogo dove si incontrano persone varie, si ha a che fare con professionisti che non ci fanno sentire fuori dal mondo, si sfogliano giornali di moda e di mondo….

Vestirsi senza spendere una fortuna… C’è più tempo per cercare tra i saldi qualche capo insolito, qualche colore allegro…Di certo noi senior privilegiamo il capo “caldo”, pratico, le scarpe comode, ma attenzione che la praticità non sia a scapito della bellezza e della gradevolezza. Da giovani si deve piacere, ma da senior non si deve dispiacere…- diceva una mia cara zia.

Hillman, uno psicologo e filosofo che si è occupato della Terza età, ci esorta a curare il nostro gusto estetico . “Il compito della terza età è l’esercizio del gusto, perché troppo spesso si evidenzia un declino estetico: ci si veste come capita, con volgarità nella scelta dei colori, sensibilità rozza. Il declino verso un’estetica da centro commerciale e da fast food non è dovuto del tutto alla depressione economica o psicologica, né ai farmaci con i quali ci instupidiamo. La mancanza di gusto deriva anche dal fatto di trascurare l’anima più profonda, la quale, al di là della gratificazione fisica, ha bisogni estetici. Senza immagini e sensazioni di bellezza, l’anima appassisce.”

Ecco allora, come ha proposto una delle mie intervistate, che è bene, fin dal mattino, lavarsi, vestirsi, truccarsi pettinarsi e mettersi persino gli orecchini, in modo da essere presentabili sia se qualcuno passa a casa a trovarci, sia se decidiamo improvvisamente di uscire. Da bandire invece, l’uso della tuta in casa, che contribuisce a renderci sciatti e pigri….

Ma, naturalmente, la cura di sé diventa anche cura e attenzione al proprio lato spirituale, per lasciarsi invadere dalla bellezza dell’arte, della musica, della poesia. Abbiamo più tempo a disposizione, per andare a concerti o a visitare chiese, musei, mostre, o, finalmente, mostrare attenzione ai palazzi, architetture, piazze, portali: l’arte gratuita a kilometro zero.

E’ anche l’occasione per riscoprire o scoprire i propri talenti: le abilità culinarie, di cucito, ricamo, pittura, strumento musicale, scrittura….che mettono in gioco il bello: belle immagini e realizzazioni armoniose.

Ecco un haiku scritto dal poeta Seiju a settantacique anni:

Nemmeno per un attimo

le cose sono ferme – guarda

i colori degli alberi.”

Questo articolo é pubblicato anche su Osservatorio Senior

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Invecchiare bene, invecchiare male

Ti accorgi del tempo che passa quando incontri un amico o un conoscente che non vedevi da qualche anno e immediatamente ti accorgi che ha qualche ruga in più, uno sguardo e un portamento un po’ diversi, un colore diverso dei capelli.

In quel momento, come se ti riflettessi in uno specchio, capisci che anche nel tuo aspetto estetico necessariamente deve essere cambiato qualcosa, a cui avevi fatto poco caso perché con la tua immagine fai i conti tutti i giorni e le trasformazioni fisiche sono quasi sempre molto graduali.

L’atteggiamento di fronte ai cambiamenti del proprio aspetto fisico è il primo segnale di come ci si pone di fronte all’invecchiamento: c’è chi lo accetta, con un po’ di sorpresa e magari cercando di rallentare con qualche artificio estetico le manifestazioni meno simpatiche, però fondamentalmente considerandolo come la naturale evoluzione del proprio corpo e in generale della vita; c’è chi invece lo rifiuta, reputandolo un brutto scherzo del destino o un attentato alla propria identità, e talvolta infilandosi su un sentiero di interventi estetici ringiovanenti quasi mai di piacevole riuscita.

Ma è anche su altri fronti, non solo su quello del’aspetto fisico e dell’estetica, che vedi le differenze tra chi invecchia bene e chi invecchia male.  Ad esempio, un altro segnale evidente è dato dalla direzione verso la quale sono orientati i pensieri: verso il passato oppure verso il presente e il futuro. Quando un sessantenne concentra i propri pensieri sui ricordi del passato, trascorre la giornata con l’occhio incollato allo specchietto retrovisore e non riesce ad evitare a ogni pie’ sospinto di far confronti tra l’oggi (che risulta sempre perdente) e l’ieri (che risulta sempre migliore), allora si può dar per certo che in questo caso i decenni dell’invecchiamento non saranno una passeggiata piacevole. Diverso sarà per il coetaneo che, pur facendo i conti con i crescenti limiti che derivano dall’età, riesce ancora ad immergersi con tutte le proprie energie e passioni nelle vicende della vita quotidiana e trova la motivazione per pensare a progetti futuri.

Infine, se è vero – come dicono tanti esperti – che la riscoperta della “socialità non strumentale” è una delle opportunità che si hanno quando si entra nella fase di vita da senior, una differenza tra chi invecchia bene e chi invecchia male passa sicuramente anche tra chi sfrutta questa opportunità ampliando le occasioni di incontro con le altre persone e chi al contrario si rifugia nella propria solitudine senza cercare di uscirne.

Insomma, allungandosi il tempo della vita attiva anche dopo il culmine della maturità adulta, dovremmo tutti imparare come invecchiare bene. Accettare l’evoluzione del nostro corpo, riuscire a vivere appieno il presente, riuscire ad immaginarsi il futuro e coltivare la socialità sono i primi passi.

Questo articolo viene pubblicato anche su Osservatorio Senior

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L’attività fisica consigliata ai senior

Secondo molti addetti ai lavori, ad esempio l’ACSM (American College of Sport Medicine) o esperti personal trainer laureati in scienze motorie, un buon allenamento per una persona senior può essere costituito da:

attività aerobica: 150 minuti a settimana di attività aerobica moderata, come camminare, correre, ballare, nuotare, jogging, acquafitness, bicicletta, tennis, da svolgere divisi in 30 minuti per 5 giorni (nel caso non si riesca a svolgere 30 minuti continuativi si potrebbero dividere ulteriormente in sessioni di 10 minuti per 3 volte) oppure 20 minuti al giorno di attività aerobica elevata (7-8 su scala di 10) per 3 giorni a settimana.

attività di forza e resistenza muscolare: sono indicate attività come esercizi con macchinari e/o pesi, Tai Chi, esercizi callistenici (cioè esercizi di movimenti semplici e spesso ritmici fatti senza l’uso di strumenti), da svolgere con 2 sessioni di allenamento a settimana con 8 a 10 esercizi di 10-15 ripetizioni che coinvolgano i principali gruppi muscolari.

attività di mobilità articolare: occorrerebbe eseguire esercizi di stretching e movimenti che permettano di raggiungere la massima escursione articolare con frequenza di almeno 2 giorni a settimana e intensità moderata, con movimenti statici anziché balistici.

Come si vedrà su questo stesso blog fra qualche giorno (in occasione della presentazione dei dati dell’indagine sulle buone e cattive pratiche dei senior realizzata da “I ragazzi di sessant’anni”) le attività fisiche che i senior da parte loro ritengono più efficaci sono innanzitutto le camminate e le pedalate.

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L’ansia del declino fisico

Le paure e le preoccupazioni legate all’età che avanza non sempre vengono confessate, ma certamente non mancano: si va dai timori di non farcela economicamente alle preoccupazioni per il futuro dei figli, dall’inquietudine per una prima défaillance mentale all’incubo di una possibile non autonomia, fino ai misteri della morte. Tra tutte le paure e le preoccupazioni, non c’è dubbio che un posto di primo piano lo occupano quelle collegate alla salute e all’invecchiamento del proprio corpo. Forse complice un diffuso giovanilismo, abbiamo spesso pudore a parlare in modo trasparente di questi nostri timori da invecchiamento fisico e appena possiamo cerchiamo di presentarci un po’ più giovani di quel che siamo, però sotto la cenere l’inquietudine non si spegne.

In realtà nella maggior parte dei casi l’invecchiamento fisico non è soltanto lento, spesso è quasi impercettibile, anno dopo anno. Poi magari capita un momento in cui ci accorgiamo di un improvviso declino oppure una malattia inaspettata interrompe il graduale processo, ma per tanti anni può succedere che i cambiamenti siano veramente millimetrici.

Non c’è dubbio che la chiave principale per evitare di farsi ossessionare dal corpo che si modifica sia psicologica: nel senso che soltanto l’accettazione serena che il cambiamento fisico è un percorso inevitabile e naturale può far fronte efficacemente ai sentimenti negativi di quando allo specchio ci scopriamo via via più vecchi.

Se l’atteggiamento psicologico è cruciale, può però essere utile anche avere le idee chiare su cosa è bene aspettarsi all’avanzare dell’età. Dicono gli esperti che i fronti sui quali aspettarsi dei cambiamenti fisici nei cinquanta, nei sessanta e nei settanta sono moltissimi e altrettanto numerosi i fronti da presidiare: ad esempio, curare la pelle, tenere in allenamento il cuore, controllare che i sensi rimangano ben attivi, conoscere le variazioni del metabolismo,  ricordarsi che le ossa possono essere più fragili, rinforzare il proprio sistema immunitario, tenere sotto controllo le passeggiate notturne al bagno, non mettere a riposo il cervello, non escludere a priori la vita sessuale, e via dicendo.

Naturalmente ognuno invecchia a modo proprio, ma ad esempio può aiutare sapere che spesso nel corso dei cinquanta dei cambiamenti sottili si possono notare nel metabolismo e nella pelle, così come si possono osservare dei miglioramenti, come ad esempio un numero inferiore di allergie. Oppure che nei settanta è comune che il naso e le orecchie inizino a diventare più grandi, ma che il cuore, se allenato, può pompare ancora bene. Ci siamo abituati a chiedere ai medici di cui ci fidiamo sia cura sia prevenzione, forse anche chiedere informazioni su questi aspetti può essere utile.

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Parole anacronistiche

Siete appena usciti da un negozio. La commessa si è accorta che avete dimenticato un pacchetto, lasciato sbadatamente su un banco. Vuole ridarvelo, ma non sa che direzione avete preso, così chiede ad altri avventori vicino all’uscio: “Avete visto dove è andata la persona di terza età che è appena uscita ?”….

Vi piacerebbe che vi descrivesse così, voi 58enni, 63enni, 67enni, 74enni ?  Persona di terza età ?  Oppure preferireste che dicesse: “Avete visto dove è andata la persona anziana che è appena uscita ?”    Oppure ancora: “Avete visto che direzione ha preso il vecchio / la vecchia che è appena uscito/a ?”

Definireste “vecchie” le due persone della coppia in foto ?

Vecchio, anziano, di terza età: sono le parole con cui tradizionalmente sono state definite le persone over 55-60. Parole che, stando alle indagini fatte sull’argomento, non piacciono per niente alle persone di quest’età, perché associate ad immagini che non corrispondono più alla realtà di oggi.  Vecchio, anziano, di terza età evocano la saggezza (e fin qui tutto bene), ma anche un corpo sfinito, una mente poco agile, una panchina del parco e il ritrarsi dal mondo.

E questo invece non va bene per niente perché l’esperienza di chi ha questa età è sempre più di un fisico che resiste, di un’estetica ancora piacevole, di attività e progetti che riempiono la vita, di curiosità intellettuali non sopite.

Le parole di per sé non sono né giuste né sbagliate, dipende se sono capaci di rappresentare una realtà, una situazione, uno stato d’animo. Oggi siamo alle ricerca delle parole adatte a rappresentare la realtà di coloro che stanno, grosso modo, tra i 55 e i 75 anni.

Se si prescinde dal folclore, tipo “diversamente giovane” o “pantera grigia” (ve la immaginate la commessa che chiede: “che direzione ha preso il diversamente giovane?” o “dove le sembra che sia andata la pantera grigia?”), lo sforzo di individuare le parole più appropriate è ancora in corso.

La fanno spiccia gli anglofoni: older people, li chiamano. Dove il comparativo sembra mettere tutti in pace. Ma siamo in Italia, Europa. E allora ci abitueremo al termine ormai ufficialmente adottato dall’Europa, il latino e inglese senior ?

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Non mi tingo più

Ti guardi intorno e scopri sempre più capelli bianchi e grigi, non tinti dal parrucchiere e portati con orgoglio.

Moda? Scelta di campo? Scelta estetica? Distinzione generazionale?

Forse un insieme di tutte queste ragioni.

Tante le opinioni lasciate dagli amici sulla nostra pagina facebook: “ogni capello    bianco e ogni ruga una esperienza vissuta….”, “è coerenza, mi fanno abbastanza ridere gli ottantenni neri corvini…la natura è natura, si nasce…vive e muore il più dignitosamente possibile…”, “è avere il coraggio di essere come si è, liberandosi dagli orpelli della vanità”, “i capelli bianchi denunziano saggezza”, “sono eleganti”, “è semplicemente distinzione generazionale con qualche tocco di modernità”, e così via, anche se non manca chi vede nei capelli al naturale una forma di esibizionismo gratuito.

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