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Ora ho deciso di lottare veramente

Scrive Piera: Sono Piera, abito a Roma, ho 56 anni. Ho un diploma di ragioniera ma non per mia scelta purtroppo, io avrei voluto fare ben altro a suo tempo. Avevo la passione per le scienze e la matematica e il sogno di diventare medico ma una mentalità retrograda, per il solo fatto di essere donna me lo ha impedito nonostante il mio cervello fosse stato giudicato in grado di farlo egregiamente. Per iniziare a lavorare mi sono trasferita in una grande città come Roma con tanti sogni da realizzare e tante speranze per il mio futuro. Ho conosciuto mio marito.Un ragazzo della mia stessa età e ci siamo innamorati. Ho messo da parte i miei sogni, ho iniziato a lavorare e dopo qualche anno ci siamo sposati. Sono nati due splendidi figli. Ma dentro di me era sempre forte il desiderio di fare qualche cosa in più’ così mi sono buttata nel campo della moda vista anche la mia passione per tutto ciò che e’ bello e ricercato. Così ho ripreso a studiare e ho conseguito un diploma di stilista di alta moda, purtroppo ero già’ troppo grande per questo settore e per inseguire i miei sogni mi sarei dovuta trasferire in una grande città’ del nord o magari all’estero ma avevo una famiglia e non potevo abbandonarla. Però nel frattempo lavoravo, studiavo e provvedevo a loro. Ho provato a realizzare questo mio sogno a Roma insieme a due colleghi stilisti ma ancora una volta è stato solo un sogno e niente più. Però la vita ad un certo punto mi ha aperto una nuova finestra e ho ripreso a studiare ma per conseguire l’abilitazione come consulente del lavoro e ci sono riuscita solo con le mie forze ed anche con ottimi voti. E’ stata per me una grande soddisfazione quasi una rivincita verso quella laurea in medicina che tanto sognavo. Mi sentivo forte e sicura che questa volta avrei tirato fuori il meglio di me….ma ahime’ cosi’ non è stato nonostante ci abbia messo il cuore ma forse per quel tipo di mestiere non ci vuole cuore ma solo ed esclusivamente cervello ed io sono per entrambe le cose e così ancora una volta è andato tutto a farsi benedire. Poi però la vita ti chiude anche tutte le finestre. Quando pensi che in fondo tutto procede per il meglio anche se i sogni sono in un cassetto ti trovi a lottare con la malattia, di mio marito, anni di sofferenze e tantissimi problemi. Ti senti sola ma lotti con tutte le tue forze, ne vieni fuori, mio marito guarisce e riprende la sua vita ma con uno spirito diverso, sempre più’ egoista ed egocentrico ed ora sono io che lotto con il male, il male fisico e quello dell’anima. Il corpo si indebolisce, non ho la forza fisica e la mente e lo spirito vanno di pari passo……..lascio quello straccio di lavoro che mi è rimasto perché non ho più la forza di farlo, non mi dà più niente , mi sento sopraffatta. Ormai sono circa due anni, sono ancora malata fisicamente ma piano piano guarirò’. Ho capito che per guarire il corpo ho bisogno prima di guarire lo spirito e la mente ed e’ ciò che farò… non posso abbandonare i miei sogni perché loro sono la mia speranza e saranno la mia salvezza… ora voglio diventare naturopata e mi iscriverò ad una scuola, ora lo faccio solo per me, per guarire il mio corpo, la mia mente ed il mio spirito perché ho deciso di volermi bene.

Questa storia é pubblicata anche su Osservatorio Senior

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Invecchiare bene, invecchiare male

Ti accorgi del tempo che passa quando incontri un amico o un conoscente che non vedevi da qualche anno e immediatamente ti accorgi che ha qualche ruga in più, uno sguardo e un portamento un po’ diversi, un colore diverso dei capelli.

In quel momento, come se ti riflettessi in uno specchio, capisci che anche nel tuo aspetto estetico necessariamente deve essere cambiato qualcosa, a cui avevi fatto poco caso perché con la tua immagine fai i conti tutti i giorni e le trasformazioni fisiche sono quasi sempre molto graduali.

L’atteggiamento di fronte ai cambiamenti del proprio aspetto fisico è il primo segnale di come ci si pone di fronte all’invecchiamento: c’è chi lo accetta, con un po’ di sorpresa e magari cercando di rallentare con qualche artificio estetico le manifestazioni meno simpatiche, però fondamentalmente considerandolo come la naturale evoluzione del proprio corpo e in generale della vita; c’è chi invece lo rifiuta, reputandolo un brutto scherzo del destino o un attentato alla propria identità, e talvolta infilandosi su un sentiero di interventi estetici ringiovanenti quasi mai di piacevole riuscita.

Ma è anche su altri fronti, non solo su quello del’aspetto fisico e dell’estetica, che vedi le differenze tra chi invecchia bene e chi invecchia male.  Ad esempio, un altro segnale evidente è dato dalla direzione verso la quale sono orientati i pensieri: verso il passato oppure verso il presente e il futuro. Quando un sessantenne concentra i propri pensieri sui ricordi del passato, trascorre la giornata con l’occhio incollato allo specchietto retrovisore e non riesce ad evitare a ogni pie’ sospinto di far confronti tra l’oggi (che risulta sempre perdente) e l’ieri (che risulta sempre migliore), allora si può dar per certo che in questo caso i decenni dell’invecchiamento non saranno una passeggiata piacevole. Diverso sarà per il coetaneo che, pur facendo i conti con i crescenti limiti che derivano dall’età, riesce ancora ad immergersi con tutte le proprie energie e passioni nelle vicende della vita quotidiana e trova la motivazione per pensare a progetti futuri.

Infine, se è vero – come dicono tanti esperti – che la riscoperta della “socialità non strumentale” è una delle opportunità che si hanno quando si entra nella fase di vita da senior, una differenza tra chi invecchia bene e chi invecchia male passa sicuramente anche tra chi sfrutta questa opportunità ampliando le occasioni di incontro con le altre persone e chi al contrario si rifugia nella propria solitudine senza cercare di uscirne.

Insomma, allungandosi il tempo della vita attiva anche dopo il culmine della maturità adulta, dovremmo tutti imparare come invecchiare bene. Accettare l’evoluzione del nostro corpo, riuscire a vivere appieno il presente, riuscire ad immaginarsi il futuro e coltivare la socialità sono i primi passi.

Questo articolo viene pubblicato anche su Osservatorio Senior

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Nasce Osservatorio Senior

Care amiche e cari amici de I ragazzi di sessant’anni,

vi comunico una novità che mi riguarda e che credo interesserà chi segue questo blog: nasce Osservatorio Senior, una nuova associazione e un nuovo sito da me promossi, che muove idealmente dall’esperienza de I ragazzi di sessant’anni.  Ne potete leggere anche su facebook e su twitter

Per una volta, non pubblico storie di altri, ma racconto la mia. Dopo qualche anno dedicato ad occuparmi delle problematiche dei senior attraverso ricerche, interviste, raccolta di storie e gestione di questo blog, mi sono convinto che l’esigenza di un’informazione qualificata sul pianeta senior è non solo sempre viva, ma sentita in modo crescente dai diretti protagonisti (noi senior) e da tutti coloro che si sono accorti delle incredibili novità che oggi accompagnano questa nuova fase di vita.

Negli ultimi anni e mesi si sono moltiplicate le iniziative che si occupano delle persone in questa fascia di età: associazioni dedicate, centri di ricerca, indagini, giornali on line, centri educativi a partire dalle università della terza età.  Avverto forte l’esigenza di creare un luogo dove sia possibile mettere in comune i tanti contributi che vengono proposti. Il riuscire a creare un punto d’incontro in questa rete è tra le ragioni che mi hanno portato ad immaginare Osservatorio Senior.

osservatorio-senior-avatar-550x500 copiaCosì, dopo aver costituito l’Associazione senza scopo di lucro Osservatorio Senior, con altre persone che si sono già occupate a vario titolo del mondo senior – demografi, psicologi, medici, sociologi, consulenti, giornalisti, comunicatori – abbiamo ideato il sito www.osservatoriosenior.it, che a partire da questa settimana è on line. Chi avrà voglia di visitarlo potrà trovare dettagli sugli argomenti trattati, sulle rubriche accolte, sulle associazioni con cui l’Osservatorio é in rete. Chi avrà la bontà di frequentarlo e la voglia di partecipare potrà comunicare le proprie storie da senior e lasciare i propri commenti e contributi.

I ragazzi di sessant’anni non interromperà le trasmissioni, ma lavorerà a stretto contatto con Osservatorio Senior. Ad esempio, le vostre storie inviate a questo blog verranno pubblicate su due canali: questo blog e il nuovo sito.  Fiducioso che non farete mancare il sostegno alla nuova iniziativa, ne approfitto per ringraziare le tante persone (oltre 53.000 utenti secondo il linguaggio google) che hanno frequentato il blog da quando è nato.   Enrico

In alto: una bella foto di Armando Lanotte

 

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Voltare pagina

Scrive Rossella: Tra pochi giorni compirò 55 anni. Non me li sento, non mi sono mai sentita gli anni che ho. Però stavolta mi sento sulla soglia: ho appena chiuso la mia attività lavorativa, gestivo un asilo nido che ha dovuto chiudere in seguito alla crisi economica; mio marito ha perso il lavoro un anno e mezzo fa e non è riuscito a trovare più nulla se non qualche consulenza (era un dirigente d’azienda) e ormai ha sessant’anni. Stando molto attenti alle spese possiamo vivere fino a quando gli daranno la pensione e quindi non siamo disperati. Però mi chiedo quale sarà la mia vita per i prossimi 10-15 anni. Mio marito, che ha già passato questa fase, progetta ingaggi come velista e mi vuole con lui (anch’io ho un passato da velista), ma non mi piace l’idea di andarmene in giro per il mondo con estranei e, forse, rischiare la vita, sicuramente dovermi adattare a ritmi ed esigenze che non sempre mi piaceranno. E poi i nostri figli, tutti tra i 21 e i 25 anni, per un motivo o per l’altro hanno ancora bisogno di noi. Mi piacerebbe realizzare un vecchio progetto di scrivere un libro, perché scrivere è sempre stata una componente della mia vita, ma non voglio ingrossare la schiera degli aspiranti scrittori senza talento. Forse lo farò solo per me, ma … è un momento di grandi interrogativi. Lo so, qualcuno dirà: ma come, puoi permetterti di non lavorare e ti lamenti; fai volontariato (lo farò), dedicati a tuo marito… Ecco, ho la sensazione che sia un momento di cambiamento anche di coppia, adesso che non ci sono più i ritmi professionali: io vorrei fermarmi un po’, lui vuole andare.

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I jolly dei senior che lavorano

La carta a sorpresa che possiamo giocare quando ci avviciniamo alla fase di vita da senior sono le risorse che davamo per scontate e che scopriamo tornano buone per non rinunciare completamente ad una vita attiva.

Per molti senior rimanere attivi ha il significato di essere obbligati a lavorare qualche anno più del previsto. Ma, sorprendentemente, in tanti desiderano proseguire un’attività lavorativa, sia essa il proseguimento di quella tradizionale o una nuova. Anche chi intende e può dare più spazio ai divertimenti, al proprio benessere, a nuove passioni, alla vita familiare o al volontariato, spesso vorrebbe non rinunciare completamente ad un’occupazione lavorativa.

Come riferisce Betta Andrioli in un articolo del Sole24ore riprendendo un’ indagine Istat, è questo, ad esempio, il caso di 411.000 italiani che “seppur pensionati, continuano a lavorare, da dipendenti o autonomi: 50-69enni che non hanno alcuna intenzione di farsi relegare al solo ruolo di nonni e continuano a produrre e guadagnare”.

Il punto è che la società non è organizzata per dare risposta a questa richiesta, se non in modo embrionale, e trovare opportunità che rispondano all’esigenza non è faccenda immediata.

Il problema naturalmente non se lo pone chi ha fatto la scelta di proseguire nel lavoro di sempre, con le stesse responsabilità, la stessa intensità e gli stessi ritmi. Sempre che gli sia possibile, continuerà la vita di prima nella stessa organizzazione oppure, ad esempio se lavora come autonomo, continuerà comunque ad organizzarsi la giornata senza significativi cambiamenti. E il problema non se lo pone neppure chi avrebbe smesso volentieri di lavorare, ma non può farlo per le necessità economiche proprie o della propria famiglia.

Il problema se lo pongono coloro che, volendo o dovendo proseguire un’attività lavorativa, sono invece obbligati ad uscire dall’organizzazione dove lavorano e cercano formule di lavoro più consone alle loro nuove esigenze.

E’ per costoro che diventano importanti le risorse che si hanno da giocare. Perché sono di nuovo sul mercato del lavoro e, come succede ai ragazzi appena finito di studiare, devono guardarsi intorno e probabilmente subire qualche nuova selezione.

A molti non fa un bell’effetto ritrovarsi “sul mercato”, soprattutto a quelli che dal lavoro di prima sono stati espulsi. Gli altri, quelli che la nuova vita se la sono scelta, sono un po’ più disponibili ad ingegnarsi per trovare la nuova soluzione che li soddisfi. Ma in generale la sensazione è strana: pensavi di aver superato tutto, di non dover più subire esami e valutazioni, e invece scopri che se te la vuoi giocare ancora devi rimetterti in pista, con tutti i rischi di rifiuto o d’insuccesso del caso.  Ed è qui che allora torna utile fare un bel bilancio delle risorse che si hanno a disposizione e di quali possono essere utilizzate per riuscire nell’intento.

Sarebbe riduttivo far riferimento alle sole risorse economiche, come il risparmio e l’eventuale patrimonio accumulato; è utile invece prendere in considerazione anche altri generi di risorse, importanti per affrontare, attrezzati, la nuova fase di vita lavorativa. In particolare, credo che le risorse più utili a questo scopo siano: le capacità personali, il network di conoscenze e le competenze sviluppate in uno specifico campo di attività: tutti jolly che provengono dalle precedenti esperienze e che ora possono essere rimessi in gioco.  

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Premio “Vivere meglio e più a lungo”

Cari amici de I ragazzi di sessant’anni, cosa ne dite di partecipare insieme al progetto “Vivere meglio e più a lungo” ?

Di che si tratta ? Si tratta di un premio che Axa Italia e Swiss Re Foundation, insieme a Impact Hub Milano, hanno lanciato per startup che rispondano alle sfide poste dall’incremento delle aspettative di vita e dall’invecchiamento demografico.   Il nome dell’iniziativa è “Impact Hub Fellowship for Longer Lives” (non spaventatevi per il nome, le istruzioni si leggono tutte in italiano, il concetto è proprio quello dell’avere idee per soluzioni che consentano di vivere meglio e più a lungo) ed è per l’appunto un programma internazionale di incubazione per startup, che possono essere formate sia da giovani, sia da senior http://milan.impacthub.net/fellowship_longer_lives/

Quali i campi a cui si potrebbero dedicare le nuove imprese (start up) che partecipano al premio ? In generale, prodotti e servizi capaci di produrre cambiamento nelle pratiche o nei comportamenti dei senior in almeno uno dei seguenti ambiti: l’organizzazione della vita familiare, l’educazione, la vita economica e di lavoro, i servizi pubblici.

Come ad esempio ha fatto una start up inglese, che si è inventata un servizio locale per gli over 50, co-disegnato insieme agli utenti: i membri della community hanno accesso a persone dello stesso quartiere che possono aiutare nelle commissioni, a attività ricreative di gruppo e a una linea telefonica dedicata per consigli e informazioni di qualunque genere.

O come è stato il caso di www.sielbleu.ie, un’organizzazione no profit che ha realizzato programmi flessibili di attività fisica preventiva per migliorare e mantenere la salute delle persone senior e combattere problemi come la dipendenza e l’isolamento: questo progetto è presente in Francia e in Irlanda e ha vinto lo European Social Innovation nel 2010.

La condivisione di saperi e di esperienze tra generazioni, così come nuovi servizi per la famiglia e progetti nel campo del turismo e dell’offerta culturale, sono tra i temi di cui si é più parlato al workshop che Impact Hub Milano ha appena tenuto per prepararsi a partecipare al premio.

Chi vuole può presentare le proprie idee e la propria proposta entro il 4 gennaio. A quel punto, Impact Hub Milano, insieme ad AXA Italia e Swiss Re Foundation, valuteranno le idee migliori e più innovative, che meglio rispondano alle sfide poste dall’incremento delle aspettative di vita e dall’invecchiamento demografico.

Per chi si sente ancora desideroso di cimentarsi in una start up, o ha un figlio o nipote che voglia provarci, può essere un’opportunità.  Anche come www.iragazzidisessantanni.it potremmo partecipare. Che ne dite ? Attendo i vostri commenti e le vostre idee. Enrico

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Tutto é possibile

Perché censurarsi e vedere sempre innanzitutto le difficoltà e i limiti legati all’età?

In questi due brevi messaggi Luisella e Anonimo ci raccontano i loro progetti di viaggio e vacanza: tutto è possibile !

Scrive Luisella1951: “Il viaggio in India lo accarezzo da quando ero giovane ma per una ragione o per l’altra non sono mai riuscita a realizzarlo. Quelle terre, quella gente, quella cultura, continuano ad essere un mio sogno e mi spiace troppo l’idea di rinunciare a conoscerle. Adesso però ci riuscirò, sembra assurdo che organizzi questo viaggio proprio ora che faccio un po’ fatica  a camminare, ma mi rimarrebbe un rimpianto troppo forte se rinunciassi. Quindi partirò, in fin dei conti ce la posso fare, non va bene mettersi da sola dei limiti, se troverò un’amica che ha voglia di viaggiare con me sarà meglio, se no mi infilerò in qualche gruppo e me la caverò. Luisella1951” In foto: Judi Dench e Celia Imre nel film Marigold Hotel.

Scrive Anonimo: “Sono pensionato, appassionato di vela e viaggi. Ho un catamarano di 12 mt e vorrei organizzare un gruppo di otto persone per navigare in Grecia da Giugno a Settembre cambiando vita anche per soli 4 mesi. Rispondete. Sono in pensione da poco.”

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Quale volontariato una volta in pensione?

Scrive Carlo: Correva l’anno 1975 e ricordo come fosse ieri quanto è successo alle ore 7.30 del primo di luglio di quell’anno: vestito di tutto punto, in giacca e cravatta, seduto sul bordo del letto a mo’ Penseur di Rodin…..mancava un’ ora all’ inizio del mio primo giorno di lavoro.
Entra nella stanza colei che sarebbe divenuta mia moglie, e mi chiede: Cos’ hai ?
Alcuni secondi d’esitazione e arriva la risposta: VOGLIO ANDARE IN PENSIONE!
Da quel giorno, passati alcuni decenni, verso la fine dei miei cinquant’ anni, vengo espulso, alquanto brutalmente, dal mondo del lavoro, riesco ad andare in pensione e per quei casi della vita mi ritrovo in una selva…..composita ed entropica.
Ovvero entro a far parte del mondo del Terzo Settore e precisamente in una OdV, Organizzazione di Volontariato. Per OdV intendo quelle Associazioni, radicate sul territorio, con una ben definita mission, sostanzialmente destrutturate, con un capo carismatico e un numero più o meno contenuto di “follower”, per usare un termine alla moda.
Dopo dieci anni di permanenza in due o tre OdV, la mia diagnosi è che queste potrebbero dare un contributo notevole alle tematiche sociali, se utilizzassero e/o fossero aiutate a far buon uso delle loro energie, capacità, esperienze, idee secondo modalità sinergiche e finalizzate.
Invece con l’avvento della rivoluzione digitale, con le nuove tecnologie, vedo le OdV trasformarsi in tante Fortezze Bastiani… Quando in questi ambienti provi a parlare di strumenti digitali, di app, di smart cities, di smart communities e simili, vieni immediatamente guardato con sospetto…e le reazioni sono quasi sempre: quali reconditi fini ci sono dietro ? non fa per noi…
Pensare che invece le OdV sono organizzazioni che potrebbero avere un effetto antenna decisamente importante, come dare suggerimenti su come gestire tematiche sociali prima che diventino irrisolvibili.  Ecco perché bisogna andare oltre al volontariato inteso come mera disponibilità individuale per un impegno individuale.   In foto: un senior al computer

 

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Due sorelle, due percorsi

“Young old”, “giovane anziano”, è un ossimoro non particolarmente accattivante, un’espressione recente un po’ asettica frutto della necessità dei demografi di trovare nuove classificazioni che rendano giustizia alle grandi differenze nel mare magnum del mondo che va dagli over55 agli ultracentenari e che tanti si ostinano a semplificare parlando di “anziani” e di “terza età”.  Cosa accomuna, per dire, un 60enne con un 88enne ? Nulla, di solito, se si pensa agli eventi lavorativi, familiari e di salute tipici di queste due età. Quindi è ben comprensibile che, con l’allungamento della vita e la presenza sempre più robusta di 80enni, 90enni e over 100, si cerchino nuovi modi di descrivere la realtà. In questo sforzo di rappresentazione di una realtà in cambiamento e sempre più fluida, credo che sia corretto riconoscere che pure all’interno della famiglia dei 55-75enni si stanno producendo delle differenze significative, in cui la novità maggiore è data dalla figura del cinquantenne o neo sessantenne che vive gli anni presenti con un senso di disorientamento che spesso i fratelli e le sorelle maggiori di solo qualche anno non hanno provato.  Premesso che ogni caso fa storia a sé e che i percorsi di vita individuali sono più significativi delle medie statistiche, è però innegabile che sta iniziando a prodursi una faglia nel mondo dei senior e che essa ruota intorno al tema del lavoro, della pensione e della tranquillità economica. Il caso di Roberta ed Emilia ci possono aiutare a capire cosa sta succedendo. Roberta, 58 anni, ha una sorella maggiore, la 66enne Emilia, il cui esempio pensava le facesse da bussola, mentre si sta rendendo conto che per lei è un’altra storia.  Roberta ha visto Emilia lavorare e poi andare in pensione a 58 anni, l’ha vista interrogarsi su come impiegare al meglio il tempo libero che le si era improvvisamente offerto, l’ha ammirata quando ha capito che si stava dedicando a nuovi progetti e alla realizzazione dei suoi sogni di viaggio; l’ha anche appoggiata moralmente quando ha messo mano ai risparmi per sostenere il figlio che metteva su casa. Sia Roberta sia Emilia sono sempre state volenterose, infaticabili, ottimiste e fiduciose verso il futuro; entrambe hanno studiato e hanno sempre vissuto attribuendo al loro impegno e al lavoro un ruolo importante. Anche per tutte queste ragioni Roberta si aspettava di poter “copiare” l’esempio di sua sorella maggiore. Oggi invece Roberta si sente immersa in una realtà che ha preso le distanze da quella di sua sorella: non è solo l’idea di lavorare ancora quasi dieci anni prima di aver diritto alla pensione, è che nel lavoro le sembra di far troppa fatica a tener dietro a richieste sempre più pressanti, richieste che più la crisi si è inasprita più si fanno assillanti, senza nessuna attenzione alla sua età che avanza; è che vede parecchi coetanei e coetanee lasciati a casa e finire come pesci fuor d’acqua, sostanzialmente emarginati dal mercato del lavoro; è che vedere la crisi “da dentro” le provoca, a lei che è cresciuta in un mondo di progresso e di miglioramenti, una sorta di shock, fatto di amarezze, di delusioni e di incredulità. Le serve una forza d’animo enorme per mantenere il passo e per non rinunciare a pensare a modi alternativi e nuovi di spendere i suoi prossimi anni di vita. In questo, però, è sola, il percorso di sua sorella maggiore non le è di alcun aiuto.   In foto: due donne senior.

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Guai a sentirsi inutili !

Scrive Tino: Sto vivendo un momento particolare in cui mi sento in sospeso e che mi aspettavo più semplice. Ho smesso di lavorare e sono andato in pensione circa sei mesi fa. Non avevo progetti particolari in mente per il “dopo”, ero solo contento di poter tirare il fiato perché negli ultimi anni facevo sempre più fatica, mi pesavano sempre di più il ritmo e le responsabilità di lavoro. Così ho preso i primi mesi di “libertà” con molta tranquillità, era anche la bella stagione e li ho trascorsi come se fosse una lunga vacanza. Poi però, sul finire dell’estate, ho cominciato ad essere inquieto perché mi sembrava che stavo buttando via le giornate. Ho incominciato a preoccuparmi perché le tante ore da “sfaccendato” non erano più vacanza, ma solo inutilità. L’idea di ritrovarmi al bar a giocare a carte o di essere preso di mira da tutta la famiglia per sbrigare commissioni varie mi terrorizzava. Mi sono messo a fare lunghe passeggiate, un po’ per stare fuori casa, un po’ perché se cammino penso meglio e volevo proprio pensare bene a quali soluzioni c’erano. Mi sono detto che devo trovare assolutamente un’attività che non mi isoli dal mondo, in cui i rapporti con le altre persone siano importanti, questa é per me la cosa più importante. E poi che sia anche un’attività che mi impegni il cervello su qualcosa di concreto. A seguito di questo ragionamento, sto provando a cercare due cose: un lavoro che mi impegni meno tempo di quello che ho sempre fatto e che mi consenta di utilizzare le mie esperienze lavorative (ho messo in giro la voce tra i conoscenti e gli ex colleghi, ma per il momento i segnali non sono incoraggianti) oppure un’attività di volontariato in qualche associazione che mi faccia sentire utile. Qui la situazione sembra più promettente: ho contattato un paio di associazioni e mi hanno detto che potrei dare una mano. Quel che adesso sto cercando di capire meglio, per essere onesto con me stesso e anche con gli altri, è se lo farei solo per me, per rispondere al mio bisogno di oggi, o se ho veramente una spinta a dare un aiuto al prossimo.
Io sono arrivato a questo punto. Anche se ancora non so come andrà a finire, un suggerimento mi sento di darlo a tutti i coetanei che si trovano in questa situazione: fatevi dei progetti per il “dopo” PRIMA di rimanere con le giornate vuote !

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