Le risorse del nostro cervello, anche invecchiando, sono sorprendenti e talvolta, anche se danneggiato, il cervello può continuare a lavorare efficacemente. Ce lo racconta in questo articolo Patrizia Belleri, che commenta il libro di Barbara Strauch e ricorda la ricerca sulle suore dell’Ordine School Sisters of Notre Dame.
Scrive Patrizia Belleri: La giornalista scientifica Barbara Strauch, giunta alla
soglia dei 57 anni, inizia a preoccuparsi per i fenomeni sempre più frequenti che la infastidiscono nel suo quotidiano: il nome di una persona conosciuta che sfugge, le distrazioni nel corso di un ragionamento, la dimenticanza di gesti abituali.
Nel cercare spiegazioni, e forse anche conforto, interroga scienziati e passa in rassegna le ricerche più recenti. Nasce così I tuoi anni migliori devono ancora venire. Le sorprendenti risorse del cervello di mezza età, edito da Mondadori, un libro ricco di risultati di ricerche ed esempi tratti dalla vita delle persone, scritto con linguaggio chiaro e accessibile, senza mai perdere di vista la correttezza scientifica.
La Strauch scopre che la scienza interpreta in modo nuovo fenomeni conosciuti: ad esempio, le cellule cerebrali iniziano sì a morire già in età giovanile e non vengono più rimpiazzate, ma tante ricerche dimostrano come il cervello sia in grado di organizzarsi per far fronte ai processi degenerativi, affinando altre capacità e modalità adattive originali. Se da un lato è più frequente dimenticare il nome del vicino incontrato fuori casa, nella mezza età migliorano doti quali l’ottimismo, la capacità di far fronte alle situazioni nuove, e aumenta inoltre l’abilità di attingere alle esperienze passate al fine di elaborare strategie per risolvere problemi attuali.
Affascinanti le teorie sulla “riserva cerebrale” e la “riserva cognitiva”, dei veri e propri depositi cui il cervello attingerebbe nell’età matura: gli stili di vita sani e la vivacità intellettuale ne costituiscono le basi.
La riserva cognitiva,fatta di cultura, ma anche di atteggiamento positivo nei confronti della vita, spiegherebbe un fenomeno tanto impressionante quanto incoraggiante: il cervello maturo può lavorare efficacemente anche se danneggiato.
La Strauch ci racconta a questo proposito la storia delle suore dell’Ordine School Sisters of Notre Dame, osservate da David Snowdon, insieme ad altri ricercatori del Kentucky, in un lungo e appassionante studio longitudinale.
La ricerca, nota con il nome di “Nun Study“ è iniziata nel 1986 ed è durata 25 anni. Ha coinvolto 678 suore di età compresa tra i 60 e i 95 anni. L’intento era studiare i fattori predittivi della malattia di Alzheimer in età matura e quelli che fanno vivere più a lungo e favoriscono la buona qualità della vita negli ultimi anni.
Questa ricerca è singolare per diverse ragioni. Innanzi tutto, la lunghezza del periodo esaminato, dagli anni 30, quando le suore avevano circa vent’anni, fino alla loro vecchiaia. Infatti, i ricercatori hanno potuto accedere alle autobiografie che le religiose avevano scritto negli anni del noviziato circa sessant’anni prima, conservate negli archivi del Convento. Altro elemento interessante è il fatto che le suore appartenevano a un Ordine che privilegia lo studio, la cultura, la vivacità intellettuale.
Inoltre, la peculiarità del campione: trattandosi di religiose, è stato possibile eliminare variabili legate a stili di vita dannosi quali alcol o fumo, che avrebbero creato delle interferenze indesiderate nell’interpretazione dei risultati.
L’ultimo e forse più interessante fattore è che tutte le suore avevano preso l’impegno di donare il proprio cervello ai fini della ricerca, se la loro morte fosse avvenuta nel corso dell’esperimento.
Per ciascuna religiosa è stato compilato un dossier ricco e dettagliato, a partire dai contenuti delle autobiografie degli anni giovanili. Periodicamente, venivano somministrati test cognitivi il cui scopo era valutare la memoria, l’intelligenza e il grado di conservazione dell’autonomia personale con l’avanzare degli anni.
Dall’analisi delle autobiografie giovanili e dalle risposte ai controlli periodici veniva esaminato anche lo stato di benessere psicologico. In altre parole, si cercava di capire se le suore fossero appagate della propria vita e si auto percepissero serene o felici.
I risultati hanno ispirato diverse pubblicazioni, tra queste Aging with Grace, dello stesso Snowdon e numerosi articoli scientifici. Tra gli altri, è emerso che la cultura e la vivacità intellettuale predispongono a una miglior qualità della vita in vecchiaia e che la presenza di ictus e traumi cranici nel corso della vita sono elementi predittivi della malattia di Alzheimer in età avanzata.
Ma ciò che ha impressionato i ricercatori è la vicenda di una suora cui è stato dato il nome di Bernardette. La religiosa era tra le più intelligenti e colte tra le consorelle, si era laureata in pedagogia, aveva insegnato per molti anni e la sua vivacità intellettuale non era mai venuta meno, tanto da risultare tra le migliori nelle risposte ai test cognitivi cui fu sottoposta periodicamente fino alla fine dei suoi giorni.
Morì d’infarto a 85 anni e, come previsto, il suo cervello fu sottoposto ad analisi autoptica. Con grande meraviglia, i ricercatori scoprirono che l’encefalo presentava segni evidenti di una gravissima forma di Alzheimer allo stadio più avanzato: a giudicare dalle condizioni del cervello, la suora avrebbe dovuto presentare una demenza grave.
Il caso non rimase isolato, la stessa Strauch ci racconta anche la vicenda di un personaggio noto nella letteratura scientifica come lo Scacchista: insegnante in pensione londinese, era un formidabile giocatore di scacchi, in grado di calcolare sette mosse in anticipo. Ad un certo punto incominciò a preoccuparsi perché si accorse di poterne calcolare solo quattro, pur continuando ad avere una vita molto attiva e intellettualmente vivace. Si sottopose a numerosi accertamenti e fu sempre rassicurato sulle condizioni del suo cervello. Alla sua morte, anche il suo encefalo presentava gravi lesioni tipiche della malattia di Alzheimer.
Tante teorie affascinanti, dunque, che mostrano modalità nuove di studiare e di vivere la seconda metà della vita, si snodano nella scrittura piana ed efficace di Barbara Strauch, in questo bel libro decisamente da consigliare.
In foto: la copertina del libro di Barbara Strauch “I tuoi anni migliori devono ancora venire. Le sorprendenti risorse del cervello di mezza età”, edito da Mondadori.