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Vecchia o young old ?

Pubblico volentieri questo articolo scritto da Silvia Ghidinelli, della serie “Appassire con stile”:    “Si chiama Vittoria. E’ un’amica di mia zia, ha settantacinque anni, è vispa e in gamba, ha superato un cancro anni fa, ha curato il marito e l’ha accudito fino alla sua morte. Si presenta vestita con cura, con orecchini pendenti sempre diversi, sbandiera una bella chioma bianca con un taglio impeccabile. E’ un’insegnante in pensione, ha delle figlie, un giovanissimo nipote, è una grande lettrice.

Parliamo dei nuovi senior, gli ever green di ora, quando la vedo inalberarsi: – A me non chiamatemi senior o della terza età, per carità…. Sono vecchia, chiamatemi vecchia. Non ho paura! Sono fiera di essere vecchia!- esclama con enfasi.

-Ma perché Vittoria? I vecchi di oggi sono diversi da quelli della generazione passata. Sono più vispi, più in gamba, hanno un’alta aspettativa di vita. Hanno a disposizione più cure, medicine, nuovi interventi chirurgici. C’è più cultura e perciò più cura di sé: per la propria alimentazione, per tenere in forma il proprio fisico e la propria mente. Non è giusto chiamarli vecchi, come un tempo. C’è bisogno di termini nuovi per identificare questi nuovi personaggi. Infatti la stampa ha coniato nuovi termini : li chiama young old ( giovani vecchi), senior, della terza età…e usano anche molti altri termini… – sostengo io convinta.

Ma non c’è niente da fare…non riesco a convincerla. Dice che bisogna dire pane al pane e vino al vino e che lei è vecchia e che al giorno d’oggi nessuno più vuole essere vecchio, mentre lei ne è orgogliosa.

L’incontro mi lascia pensierosa. Ritrovo, nei meandri della mia mente il mio filosofo/psicologo preferito: James Hillman, grande studioso della vecchiaia come momento di vita in sé, liberato dalla morte: il diventar vecchi come scoperta di un valore, dato alla natura umana e a tutte le cose esistenti.

E allora pensiamo a vecchi libri, vecchi manoscritti, vecchi giardini…che sono resi preziosi dalla qualifica di “ vecchio”.

Gli Inglesi usano il temine old, (vecchio) molto più di noi. Anche solo per chiedere l’età a qualcuno sia esso bambino, ragazzo, trentenne, anziano usano la nota frase:- How old are you? ( Quanto vecchio sei?)

E ci si può sentir rispondere:- I am seven years old. ( Sono vecchio di sette anni ). Pensate! Quindi, a qualsiasi età, senza timore, gli Inglesi si qualificano con la “vecchiezza”.

E che dire della mia vecchia poltrona, dove il termine vecchia sta ad indicare la mia affezione…il fatto che era appartenuta a mia madre, ad esempio. Ma, ancora, le cose vecchie hanno una patina, un fascino, una storia; hanno carattere. Un vecchio castello ha più storia, più fascino, più cose da dire di un nuovo edificio, ad esempio.

Sono certa che è in questo senso che Vittoria intende la parola VECCHIA. Sono vecchia, sono preziosa, sono qualcosa da tener caro, ho una storia. E ho anche carattere, perché posso permettermi di chiamarmi vecchia senza sentirmi sminuita.

Come vorrebbe invece il linguaggio corrente, che conosciamo bene, e che usa il termine vecchio per togliere valore, squalificare, sminuire. Forse spetta anche a noi dare nuove valenze ai vecchi termini?”

Questo articolo é stato pubblicato anche su Osservatorio Senior.

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Due sorelle, due percorsi

“Young old”, “giovane anziano”, è un ossimoro non particolarmente accattivante, un’espressione recente un po’ asettica frutto della necessità dei demografi di trovare nuove classificazioni che rendano giustizia alle grandi differenze nel mare magnum del mondo che va dagli over55 agli ultracentenari e che tanti si ostinano a semplificare parlando di “anziani” e di “terza età”.  Cosa accomuna, per dire, un 60enne con un 88enne ? Nulla, di solito, se si pensa agli eventi lavorativi, familiari e di salute tipici di queste due età. Quindi è ben comprensibile che, con l’allungamento della vita e la presenza sempre più robusta di 80enni, 90enni e over 100, si cerchino nuovi modi di descrivere la realtà. In questo sforzo di rappresentazione di una realtà in cambiamento e sempre più fluida, credo che sia corretto riconoscere che pure all’interno della famiglia dei 55-75enni si stanno producendo delle differenze significative, in cui la novità maggiore è data dalla figura del cinquantenne o neo sessantenne che vive gli anni presenti con un senso di disorientamento che spesso i fratelli e le sorelle maggiori di solo qualche anno non hanno provato.  Premesso che ogni caso fa storia a sé e che i percorsi di vita individuali sono più significativi delle medie statistiche, è però innegabile che sta iniziando a prodursi una faglia nel mondo dei senior e che essa ruota intorno al tema del lavoro, della pensione e della tranquillità economica. Il caso di Roberta ed Emilia ci possono aiutare a capire cosa sta succedendo. Roberta, 58 anni, ha una sorella maggiore, la 66enne Emilia, il cui esempio pensava le facesse da bussola, mentre si sta rendendo conto che per lei è un’altra storia.  Roberta ha visto Emilia lavorare e poi andare in pensione a 58 anni, l’ha vista interrogarsi su come impiegare al meglio il tempo libero che le si era improvvisamente offerto, l’ha ammirata quando ha capito che si stava dedicando a nuovi progetti e alla realizzazione dei suoi sogni di viaggio; l’ha anche appoggiata moralmente quando ha messo mano ai risparmi per sostenere il figlio che metteva su casa. Sia Roberta sia Emilia sono sempre state volenterose, infaticabili, ottimiste e fiduciose verso il futuro; entrambe hanno studiato e hanno sempre vissuto attribuendo al loro impegno e al lavoro un ruolo importante. Anche per tutte queste ragioni Roberta si aspettava di poter “copiare” l’esempio di sua sorella maggiore. Oggi invece Roberta si sente immersa in una realtà che ha preso le distanze da quella di sua sorella: non è solo l’idea di lavorare ancora quasi dieci anni prima di aver diritto alla pensione, è che nel lavoro le sembra di far troppa fatica a tener dietro a richieste sempre più pressanti, richieste che più la crisi si è inasprita più si fanno assillanti, senza nessuna attenzione alla sua età che avanza; è che vede parecchi coetanei e coetanee lasciati a casa e finire come pesci fuor d’acqua, sostanzialmente emarginati dal mercato del lavoro; è che vedere la crisi “da dentro” le provoca, a lei che è cresciuta in un mondo di progresso e di miglioramenti, una sorta di shock, fatto di amarezze, di delusioni e di incredulità. Le serve una forza d’animo enorme per mantenere il passo e per non rinunciare a pensare a modi alternativi e nuovi di spendere i suoi prossimi anni di vita. In questo, però, è sola, il percorso di sua sorella maggiore non le è di alcun aiuto.   In foto: due donne senior.

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