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Uomini e donne: invecchiamo allo stesso modo ?

Non tutti invecchiamo allo stesso modo. C’è chi lo fa godendo di ottima salute fisica e mentale e chi invece deve occuparsi quotidianamente delle proprie malattie. Chi è capace e può permettersi di godere delle opportunità che vengono offerte ai senior e chi al contrario sperimenta questa fase di vita come un continuo declino. Chi guarda avanti con fiducia anche se consapevole che il tratto di vita rimanente è meno lungo di quanto già vissuto e chi invece invecchia abbandonando il gusto del presente e dei progetti, facendosi prendere solo dai ricordi del passato.

Differenze ! Differenze individuali, non c’è dubbio, molto legate alla psicologia di ciascuno di noi e alle nostre storie di vita personali (familiari e di lavoro soprattutto), che inevitabilmente ci condizionano anche quando invecchiamo. Ma ci sono anche differenze che sperimentiamo in quanto siamo parte di un gruppo sociale. Per ricordare le più evidenti: diverse sono la tranquillità e la possibilità di godere appieno delle opportunità offerte ai senior da parte di chi appartiene ad un ceto socio-economico elevato rispetto a chi invece fatica a campare con una pensione minima. Così come si farebbe fatica a parlare di terza età come degli “anni dorati” per un cittadino di un Paese sub-sahariano, mentre è nei Paesi ricchi che l’espressione è stata varata.

Anche rimanendo entro i confini del mondo occidentale da noi più conosciuto, una delle differenze nell’invecchiamento che mi pare avere più peso, ma che contemporaneamente è poco studiata, è la differenza di genere. Di fronte alla maggiore longevità, ad una “vita nuova” in cui si tende ad essere attivi, dinamici, mobili, informati, aggiornati, connessi, in apprendimento e in relazione con gli altri, in questa nuova realtà uomini e donne invecchiano allo stesso modo ?

Mediamente, le condizioni fisiche e di salute di uomini e donne over60 portano alle medesime opportunità o a differenze significative ? Le regole e le abitudini sociali conducono a un diverso modo di affrontare gli anni da senior o non vi sono sostanziali differenze ?  Come suggeriva in questo stesso blog Licia Riva qualche mese fa: la solitudine, l’uscita di casa dei figli, la cessazione del lavoro, l’evoluzione dell’aspetto fisico, non sono tutti aspetti della vita che sono affrontati diversamente da uomini e donne senior ?

Faccio solo due esempi, uno di natura medico-neurologica (le differenze di memoria) e l’altro di natura sociale (le attività a cui ci si dedica dopo il lavoro), per evidenziare come l’argomento meriterebbe di essere studiato di più.

Per quanto riguarda le differenze di memoria, uno studio di un paio di anni fa, condotto alla Mayo Clinic di Rochester e pubblicato sulla rivista Neurology, ha stabilito che nelle donne anziane il rischio di MCI (“mild cognitive impairment”, traducibile con “deterioramento cognitivo lieve”) è significativamente più basso che nei loro coetanei maschi, risultato che ha sorpreso i ricercatori, considerato che invece le varie forme di demenza senile sono più frequenti nel genere femminile che in quello maschile (per chi vuole approfondire vedi http://www.aan.com/PressRoom/Home/PressRelease/1018 ). Il MCI denota un deficit cognitivo maggiore di quello che ci si potrebbe attendere statisticamente ad una certa età, ma non compromette ancora il normale svolgimento dell’attività quotidiana. Se i risultati di queste ricerche saranno confermati, sarà utile pensare in modo diverso per uomini e donne senior ad esercizi cognitivi, ad attività sociali e ad attività di apprendimento e stimolazione del cervello ?

Il secondo esempio che porto riguarda le attività cui ci si dedica una volta che si è interrotta, o si è diminuita, l’attività lavorativa. Tutte le ricerche evidenziano che, con l’eccezione degli strati sociali più elevati, in Italia l’attività prevalente è la cura dei familiari, intendendosi di solito nipotini e genitori grandi anziani non più autosufficienti. Ma tradizionalmente le attività di cura sono demandate alle donne. E’ ancora vero oggi ? O i costumi, nelle generazioni che per prime hanno sperimentato gli effetti del femminismo, stanno cambiando e anche per i sessantenni maschi il dedicarsi a nipoti e genitori sta diventando normale, un modo per rimanere attivi ?

Sono solo due esempi, quelli che ho proposto, per segnalare che probabilmente una maggiore attenzione alle differenze di genere nell’invecchiamento ci potrebbe far capire di più cosa sta succedendo e  ci potrebbe dare indicazioni su come comportarci.

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Invecchiamento e differenze di genere

Pubblico volentieri questo contributo sulle differenze di genere scritto da Licia Riva, etnografa dei processi di invecchiamento.

Di frequente capita di incontrare persone di una “certa” età, diciamo tra i cinquanta e gli ottant’anni, che svolgono attività di vario genere: da quelle turistiche e culturali a quelle ludiche e sportive. Sempre più individui, uomini e donne fanno esperienza di longevità, una vita prolungata e in buone condizioni di prestanza fisica e mentale.   L’invecchiamento non è più quello di una volta!

Verso la fine del diciannovesimo secolo si è creato un movimento di donne che lottavano per avere uguali diritti rispetto agli uomini: ricorderete le “suffragette” che chiedevano il diritto di voto, di suffragio, appunto. A metà del ventesimo secolo, dopo aver ottenuto, almeno a livello giuridico, la parità le donne hanno cominciato a rivendicare “la liberazione” ovvero il diritto ad essere se stesse, a non dover imitare gli uomini. Di conseguenza hanno cominciato a riflettere sulle proprie peculiarità, sulle differenze di genere, definibili come una condizione esistenziale originata dall’appartenenza sessuale, oltre che dal contesto culturale di appartenenza.    E’ quindi stupefacente che oggi, quando si parla molto di invecchiamento e di nuovi modi di viverlo, non emergano studi e riflessioni che analizzino la differenza di genere in questa fase di vita.

Le riflessioni sull’invecchiamento al femminile, se si esclude la letteratura medica, si fermano all’esordio del fenomeno cui ho accennato poche righe sopra. Primo libro pubblicato su questo tema: La terza età, di Simone de Beauvoir, edito a Parigi nel 1970, quando aveva 62 anni  (era nata nel 1908); quello più recente: L’età da inventare, di Betty Friedan, uscito a New York nel 1993,  quando aveva 72 anni (era nata Bettye Naomi Goldstein nel 1921).    Non mancano diari e racconti autobiografici, testimonianze dell’esperienza soggettiva del divenire anziani, se pensiamo alle donne si possono segnalare i contributi recenti di Marina Piazza, Loredana Lipperini, Lidia Ravera; ma è assente un riflessione sistematica e teoricamente fondata.

Vista la pluralità, sia delle forme di invecchiamento sia delle modalità esistenziali di appartenenza al genere sessuale, sarebbe utile ed interessante promuovere ricerche e confronti sul tema.   Segnalo di seguito solo alcuni dei possibili spunti da cui partire per verificare se esistano differenze di genere nel come vengono affrontati alcuni passaggi tipici del processo di invecchiamento quali: la solitudine; l’uscita di casa dei figli; la cessazione del lavoro; l’evoluzione dell’aspetto fisico e di salute.

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