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Una fotografia in chiaroscuro

Connessi e solidali, ma timorosi del futuro.

Una fotografia in chiaroscuro quella sui senior italiani illustrata venerdì scorso dal Censis nel suo 48° Rapporto sulla situazione sociale del Paese.
Come al solito i dati e le riflessioni del Rapporto richiederanno uno studio attento, ma alcuni aspetti già comunicati balzano subito agli occhi.
Ad esempio: i senior sono sempre più solidali e fungono da perno familiare: circa 4 milioni e mezzo di over65 si prendono cura di altre persone anziane non autosufficienti e di queste quasi 1 milione lo fa in modo regolare. Per non parlare dei 3,2 milioni che si prendono regolarmente cura dei nipoti e dei 5,7 milioni che lo fanno di tanto in tanto; oltre al milione e mezzo che contribuisce regolarmente con i propri soldi alla famiglia di figli o nipoti e ai 5,5 milioni che lo fanno di tanto in tanto.
I senior sono anche sempre più connessi in rete: che il trasporto verso i social network fosse inarrestabile lo si sapeva, ma colpisce comunque la dimensione del fenomeno: gli utenti facebook over55 sono aumentati del 405 (quattrocentocinque)% in cinque anni.
Questi forti segni di vitalità non portano però ad una visione ottimistica. Infatti, tra le generazioni a cavallo tra i maturi e i senior, sono tantissimi coloro che temono il futuro, come è testimoniato dal 64% dei 45-64enni che ha paura di finire in povertà.
E la situazione lavorativa ed occupazionale è decisamente in chiaroscuro. Se da una parte si rileva il boom di occupati over50 registrato dal 2011 a oggi (+19,1%), anche come effetto dello spostamento in avanti dell’età del ritiro dal lavoro, o se colpiscono i 2,7 milioni di persone over65 che svolgono ancora attività lavorativa (regolare o in nero), dall’altra parte rimane alto il numero d’inattivi over50 (oltre 17 milioni) e la grande maggioranza di essi (circa 14 milioni) non cerca lavoro e si dichiara indisponibile a lavorare.

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Ho iniziato per un disagio generazionale

Il sessantenne Marco Martini mi ha inviato, come sua storia, il testo di una intervista che gli è stata fatta dopo aver vinto il “Traders’ Cup”, un campionato di trading con denaro reale, organizzato da Traders’ Magazine Italia in collaborazione con Borsa Italiana.  Pubblico un estratto di questa intervista.

sfondo campanileDice Marco: “Sono un sessantenne. Sono artigiano, commerciante e tecnico.  Ho fatto la scuola dell’obbligo e ho delle abilitazioni tecniche per il mio lavoro.
Ho una compagna e sono padre di un trentunenne, nato da una precedente relazione.
Vivo in Liguria. West Liguria. Una terra unica. A Bussana Vecchia. Tra i ruderi di un sogno hippy”.
Qual è, chiede l’intervistatore, il suo percorso di formazione nel trading finanziario ? “Ho iniziato per un disagio generazionale. Io nasco in provincia nei primi anni della seconda metà del secolo scorso, con le prime TV nelle case, le bombole del gas invece di legna e fascine, la plastica , il Moplen. Il primo telefono era in duplex. Il primo fax sono andato, incredulo, a vederlo arrivare in una ditta di fiori.
Poi, superati i quarant’anni, come uno schiaffo, la fantascienza diventa inesorabilmente realtà. Cervelli elettronici, PC portatili, telefoni cellulari, ADSL, Internet, comunicazione, new economy (cioè soldi dai soldi). Tanto da imparare, e a me piace.
con graficiCon Mauro, amico e bravo informatico, ci procuriamo dei software, un tipo ci vende lo scibile sul trading a 125 euro (correva l’anno 2003). Avevamo tutti i software esistenti… un centinaio… Resto folgorato, mi piace. A 50 anni appartengo a questo tempo, decido che  mi sarei formato un poco anche  in questa disciplina. Leggo un gran numero di libri e teoremi, mi piace; così lontano dal mio quotidiano. Vivo le varie teorie, approcci e matematiche come se fossero romanzi. Ed eccomi qua….

L’intervistatore chiede a Marco anche come si svolge la sua giornata.
“Non ho una giornata tipo, il trading é un hobby. Rilassante ed eccitante, più del tresette o del poker al bar. Ma con un potenziale enorme. Quando sono alla piattaforma osservo, valuto e a volte opero. Comunque se cominci alle 8 ti prepari. Alle 8,30 – 9 partono le banche Europee, poi notizie sui vari partecipanti alla bagarre. C’é di che divertirsi”.  In foto: Marco Martini

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Apprendere una nuova vita tecnologica

Sabato pomeriggio. Due ore libere da impegni in cui mi ritrovo seduto in salotto con Daniela. Potremmo chiacchierare un po’, invece lei mi dice che vorrebbe iscriversi ad uno dei nuovi servizi di car sharing che stanno prendendo piede in città e che potremmo farlo ora insieme. Nostra figlia, che già se ne serve, ci ha detto che è molto comodo e facile da usare. Per niente convinto, mi siedo di fianco a lei e insieme ci cimentiamo con il primo passo: l’iscrizione. La prima schermata del sito che offre il servizio dice che bastano pochi minuti, noi – imbranati digitali che di fronte alla app da scaricare facciamo un gran casino tra tablet suo, smartphone mio, computer comune e carte di credito non abilitate – riusciamo ad avere la conferma che siamo riusciti ad iscriverci solo dopo un’ora e mezza abbondante. A quel punto, sfiniti ma desiderosi di verificare come funziona davvero il giocattolo, facciamo subito una prenotazione con l’intenzione di un giro in centro: siamo fortunati, troviamo un’auto vicino a casa e nessun ostacolo sin quando dobbiamo lasciare la vettura: a quel punto non c’è verso di riuscire a lasciare chiuse a chiave le portiere e passano minuti e minuti (ogni minuto costa) in cui affannosamente ci dimeniamo tra interpretazioni di cosa dice il computer di bordo, sms alla società fornitrice e connessione la più veloce possibile al sito del fornitore del servizio per rileggersi il regolamento. Alla fine ce la facciamo. Poco dopo telefona un amico e quando gli raccontiamo le peripezie per riuscire nell’impresa, arriva la sentenza: “Ma alla vostra età ? Lasciate queste cose a quelli più giovani che con le app ci sono nati !”

Le news in internet in tempo reale, l’acquisto di beni e servizi in rete, l’assistenza tecnica richiesta attraverso messaggi lasciati sui siti dei fornitori, le comunicazioni attraverso i social network, l’uso di smartphone, app e tablet, sono tutte tessere di un mosaico di abitudini quotidiane che stravolge routine consolidate in decenni di esperienza e che mette a dura prova l’autostima di un senior.

Riportava pochi giorni fa La Stampa (naturalmente la notizia l’ho trovata on line) alcuni dati di giugno di comScore, un’organizzazione che si propone come leader mondiale nella misurazione del mondo digitale. Secondo questa fonte “è intensa l’attività digitale di coloro che hanno superato i 55 anni oggi, gli anziani digitali di domani. Sono, infatti, 5,1 milioni gli utenti di Internet che fanno parte di questa fascia d’età…” Gli over 55 sono quelli che registrano i più alti livelli di crescita nell’accesso ai social network e ai siti, ad oggi sono 4,4 milioni… Di questi 3,6 milioni sono su Facebook e 600 mila su Twitter. In 4,5 milioni frequentano siti di news e informazione…”  In foto: due senior al computer

Per quanto riguarda poi l’uso di telefoni cellulari o smartphone i numeri sono ancora più consistenti: “la base di utenti mobile over 55 è pari a poco più di 15 milioni (48 milioni la base utenti complessiva mobile). In questa fascia d’età, il 55% possiede uno smartphone (8,5 milioni di persone)… Le attività principalmente svolte tramite app o siti `mobile´ sono: consultare il meteo (oltre il 40% degli over 55 con un telefono), utilizzare piattaforme come WhatsApp (31% over 55 vs 54% media totale utenti mobile), mandare e-mail (33% degli over 55 mobile vs 52% degli utenti mobile totali), utilizzare social network (25% degli over 55 contro il 46% del totale degli utenti mobile)”

I senior oggi non si rassegnano ad essere esclusi dall’uso dei nuovi mezzi tecnologici, ma quanta fatica e quanta flessibilità sono richieste per apprendere come si vive nel nuovo mondo digitale !

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Senior digitali

Ecco un nuovo contributo di Patrizia Belleri a I ragazzi di sessant’anni:  Giorni fa, un mio paziente di 25 anni, parlando della madre, mi diceva: “Devo occuparmi io degli strumenti tecnologici di casa: la mamma è anziana e non sa utilizzare il computer, e nemmeno inviare un sms”. Sorpresa, data la giovane età del ragazzo, gli ho chiesto quanti anni avesse la madre: ne ha 50!
Mesi addietro, una zia di 85 anni mi ha confidato: “Che peccato dover morire senza aver conosciuto questa meraviglia che deve essere Internet”. Curiosa e un po’ dubbiosa, l’ho guidata nell’acquisto di un pc portatile e le ho dato i primi rudimenti di alfabetizzazione informatica. A dispetto delle sue amiche che trovavano stravagante questa sua scelta, la zia ha imparato a poco a poco a utilizzare il computer, fino a muoversi in piena autonomia tra e-mail, gestione del conto corrente, lettura dei giornali e tanto altro. 

Queste persone rappresentano due estremi, e fanno riflettere su una variabile determinante nello studio del processo evolutivo dalla nascita alla vecchiaia: l’adattamento al nuovo. La mamma cinquantenne del mio paziente è percepita “anziana” dal figlio perché carente dell’adattabilità tipica dei giovani. Al contrario, la zia, anziana anagraficamente, possiede intatta la flessibilità mentale che le consente un buon adattamento al nuovo.

Con le dovute eccezioni nell’uno e nell’altro senso, l’attuale generazione dei Senior, proprio per essere stata protagonista di tanti e veloci cambiamenti, è più flessibile nell’accettare le novità.   In tutti i settori della vita quotidiana abbiamo conosciuto un rapido susseguirsi di modi diversi per fare le stesse cose. Abbiamo imparato a scrivere con penna e calamaio, poi abbiamo utilizzato la macchina da scrivere manuale, quella elettrica,  i programmi  di word processing e molti di noi si trovano ormai più a proprio agio con la tastiera che con la penna. 

A vent’anni ci siamo corteggiati con lettere di carta, mentre aspettavamo  per ore che la persona amata ci telefonasse; oggi – sempre connessi e reperibili – anche noi comunichiamo e ci corteggiamo utilizzando Whatsapp e i Social Network: l’unica modalità che i nostri figli conoscono.

Quando i nostri genitori avevano la nostra età, diffidavano dei primi telefoni cellulari e noi cercavamo di convincerli dell’utilità di strumenti che essi guardavano con sospetto.  Oggi noi accogliamo le nuove tecnologie con entusiasmo, ma anche con disincanto, senza demonizzarle né mitizzarle. Semplicemente, le adoperiamo e le  adattiamo alle nostre esigenze. La marcia in più che ci mettiamo è  lo spirito critico di chi ha visto nascere e morire miti e verità: forse è questo il valore che possiamo trasmettere ai giovani.

L’immagine stereotipata del giovane che aiuta l’anziano a districarsi tra le diavolerie della tecnologia è ormai superata, tenendo anche conto che la gran parte dei Nuovi Senior ha  avuto un approccio con le tecnologie digitali nell’ambito lavorativo e professionale.    Credo che i modi di percepire e di utilizzare gli strumenti tecnologici siano diversi a seconda dell’età e delle esperienze, ma gli approcci differenti possono condurre a una sinergia utile a entrambe le generazioni.
Invecchiamento attivo, dunque, ma anche solidarietà tra le generazioni e non a senso unico, affinché le risorse di ciascuno possano far diventare tutti un po’ più ricchi.

Segui Patrizia Belleri anche su http://www.patriziabelleri.it/

 

 

 

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Stili di vita all’insegna del benessere

I risultati di un’indagine GfK Eurisko sui Nuovi Senior.

“Generazione Senior – I nuovi stili di vita all’insegna del benessere” è il titolo dell’indagine commissionata dall’Osservatorio Yakult (l’azienda che fa probiotici) a GfK Eurisko. I risultati dell’indagine sono stati presentati e commentati mercoledì sera nel corso di un evento a Milano: al tavolo dei relatori, moderati dalla giornalista Cecilia Ranza, oltre al sottoscritto che raccontava de I ragazzi di sessant’anni e delle trasformazioni nei modelli di comportamento delle generazioni dei 55-75enni, sedeva Isabella Cecchini, direttrice del Dipartimento di ricerche sulla salute di GfK Eurisko.

Lo studio presentato dalla Cecchini è stato svolto a livello nazionale su 1000individui senior con reddito familiare mensile netto di 1500 euro e oltre. I ricercatori hanno indagato per capire chi sono i NUOVI SENIOR, cosa fanno, perché sono più felici dei senior tradizionali, a cosa aspirano, e, soprattutto, che cosa desiderano fare nella seconda metà della loro vita. Le conclusioni di GfK Eurisko sono che I Nuovi Senior in Italia sono 2.400.000 (sui circa 13-14 milioni di Italiani tra i 55 e i 75 anni), sono persone attive e soprattutto sono dedite alla cura di sé: fanno sport, sono attenti a quello che mangiano, utilizzano le ultime tecnologie per comunicare, vanno spesso a teatro e al cinema e ad eventi culturali, hanno una vita sentimentale e sessuale soddisfacente. Rispetto ai cosiddetti senior tradizionali si sentono molto più in forma, hanno più amicizie, più interessi e progetti, meno paura di ammalarsi e meno paura del futuro.

Isabella Cecchini ha accettato di rispondere ad alcune domande che le ho posto su aspetti specifici dell’indagine e sui comportamenti di questa robusta “avanguardia senior”.

In che modo si esprime la maggiore attenzione alla cura di sé da parte dei cosiddetti Nuovi Senior ?

“I Nuovi Senior curano se stessi molto di più rispetto ai senior tradizionali facendo attenzione alla propria bellezza e alla propria salute (più del doppio, 74% vs 33%) praticando sport (vanno in palestra molto di più, con un rapporto di 12 a 1). Inoltre rivolgono grande attenzione all’alimentazione, che viene percepita come elemento fondamentale di prevenzione: il 73% infatti riduce zuccheri, sale, grassi e alcool.”

Cosa caratterizza i Nuovi Senior nell’utilizzo del tempo libero ?

“Amano trascorrere il proprio tempo libero cercando stimoli sempre diversi in ambito culturale. Frequentano cinema, teatro e musei: ci vanno il triplo rispetto ai senior tradizionali (73% vs 28%), e leggono tanto (più del doppio rispetto ai senior tradizionali) a scapito della tv, che guardano la metà del tempo rispetto ai coetanei più tradizionali”

E che rapporto hanno con la tecnologia ?

“Sono anche molto attivi nell’uso delle tecnologie e dei social network: ad esempio negli ultimi tre mesi si sono collegati il doppio a internet rispetto ai senior tradizionali (51% vs 27%) e usano il triplo i social network 22% vs 7%)”.

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Quale volontariato una volta in pensione?

Scrive Carlo: Correva l’anno 1975 e ricordo come fosse ieri quanto è successo alle ore 7.30 del primo di luglio di quell’anno: vestito di tutto punto, in giacca e cravatta, seduto sul bordo del letto a mo’ Penseur di Rodin…..mancava un’ ora all’ inizio del mio primo giorno di lavoro.
Entra nella stanza colei che sarebbe divenuta mia moglie, e mi chiede: Cos’ hai ?
Alcuni secondi d’esitazione e arriva la risposta: VOGLIO ANDARE IN PENSIONE!
Da quel giorno, passati alcuni decenni, verso la fine dei miei cinquant’ anni, vengo espulso, alquanto brutalmente, dal mondo del lavoro, riesco ad andare in pensione e per quei casi della vita mi ritrovo in una selva…..composita ed entropica.
Ovvero entro a far parte del mondo del Terzo Settore e precisamente in una OdV, Organizzazione di Volontariato. Per OdV intendo quelle Associazioni, radicate sul territorio, con una ben definita mission, sostanzialmente destrutturate, con un capo carismatico e un numero più o meno contenuto di “follower”, per usare un termine alla moda.
Dopo dieci anni di permanenza in due o tre OdV, la mia diagnosi è che queste potrebbero dare un contributo notevole alle tematiche sociali, se utilizzassero e/o fossero aiutate a far buon uso delle loro energie, capacità, esperienze, idee secondo modalità sinergiche e finalizzate.
Invece con l’avvento della rivoluzione digitale, con le nuove tecnologie, vedo le OdV trasformarsi in tante Fortezze Bastiani… Quando in questi ambienti provi a parlare di strumenti digitali, di app, di smart cities, di smart communities e simili, vieni immediatamente guardato con sospetto…e le reazioni sono quasi sempre: quali reconditi fini ci sono dietro ? non fa per noi…
Pensare che invece le OdV sono organizzazioni che potrebbero avere un effetto antenna decisamente importante, come dare suggerimenti su come gestire tematiche sociali prima che diventino irrisolvibili.  Ecco perché bisogna andare oltre al volontariato inteso come mera disponibilità individuale per un impegno individuale.   In foto: un senior al computer

 

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10 minuti per un’interessante indagine

Hai già compiuto 65 anni e vuoi contribuire a far capire le esigenze delle persone di questa età ? Allora prenditi 10 minuti, vai al link qui sotto e rispondi al questionario.

https://docs.google.com/forms/d/1s-m1X-RTvCmoYfK_rHVQRxOFhG5ceQRVQGw31a_aB9Y/viewform 

Il questionario è stato predisposto da ricercatori dell’Università Cattolica di Milano ed è lo strumento per realizzare una ricerca sulle esigenze degli over 65 voluta dall’Osservatorio 65Plus, osservatorio condotto da Giada Nolasco, la quale tra l’altro collabora saltuariamente con articoli intorno al tema “soldi” su queste nostre pagine.

Lo scopo della ricerca è appunto quello di comprendere le esigenze delle persone dai 65 anni in su e raccogliere le loro richieste ed i loro giudizi nei diversi contesti di vita.

La raccolta delle informazioni è assolutamente anonima, al fine di lasciare a ciascuno la massima libertà di espressione (nessun dato personale, come ad esempio l’indirizzo e-mail, sarà rintracciabile in seguito alla compilazione). I responsabili della ricerca garantiscono che i dati inseriti non potranno essere utilizzati a fini commerciali. Al termine della compilazione, cliccare sul tasto “Invio”.

I dati raccolti saranno analizzati per fasce di età ed i risultati saranno pubblicati, consentendo a ciascuno di confrontare i propri giudizi con quelli dei propri coetanei.

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Essere attivi da casa

Quando gli telefono, il mio amico Aldo coglie l’occasione per lamentarsi un po’: “Ma tu quando sei a casa riesci a concentrarti su quel che hai da fare ? Per me è difficilissimo, io sono sempre stato abituato ad avere un ufficio, non importa se nella stessa stanza c’erano altri che lavoravano, era il posto dove ci si poteva concentrare, tenere le proprie carte, c’erano tutti gli strumenti che ti servivano, i colleghi con cui scambiare le idee. Qui in casa lavoro ad una piccola scrivania che però non è isolata, c’è il passaggio continuo di mia moglie che tra l’altro fa una gran fatica a sopportare la mia presenza e io finisco con il distrarmi ogni minuto…”. Aldo in passato ha lavorato in università e poi in azienda, adesso ha 70 anni, è in pensione e quando dice “lavoro” intende l’attività di studio che non ha mai interrotto, oltre a quella che svolge per l’associazione di cui fa parte: in pratica legge dei documenti, scrive, fa delle telefonate. Appena può corre alla sede dell’associazione che però ha un’unica stanza dove si affollano decine di persone e così sconsolato se ne torna a casa.

Cristina invece da quando può svolgere parte del lavoro da casa, lei lo chiama teleworking, ha fatto bingo. Cinquantottenne, si occupa di assistenza alla clientela per l’azienda per cui lavora e la sua attività consiste in molte telefonate, molte email, scrivere dei rapporti, qualche visita diretta ai clienti e qualche riunione interna. Ha ottenuto dal suo capo e dalla sua azienda di non dover stare fisicamente sempre in ufficio per svolgere le sue incombenze. Di fatto si concede di stare a casa tre o quattro mezze giornate a settimana, durante le quali sbriga il lavoro al telefono, per email e al computer, avendo cura invece di essere in ufficio quando sono fissate delle riunioni e senza perdere appuntamenti presso i clienti. “Aria di libertà! – mi dice – Lei non ha idea di come ci si sente più liberi a far le cose da casa: niente divisa da lavoro e niente trucco, ritmi che decido io, e poi impiego la metà del tempo a fare le stesse cose perché in ufficio c’è sempre un milione di interruzioni inutili, mentre in casa di giorno sono da sola. Contenta io e contenta l’azienda !”

Anche Simone vede i lati positivi dello svolgere la sua attività da casa. La sua è una storia diversa da quella di Cristina, perché lui ad un certo punto, quando aveva 57 anni, il lavoro l’aveva perso e aveva necessità di trovarne un altro. Si è reinventato, nel senso che mentre prima lavorava nel mondo delle costruzioni, quando è rimasto a spasso ha pensato di mettere a frutto il suo interesse per il mondo della finanza e, dopo un periodo formativo, una società ha accettato di fargli fare il promotore finanziario telefonico: “Contatto dei possibili clienti, cerco di capire le loro esigenze e propongo dei prodotti finanziari. Se sono interessati un collega li incontra. Le soddisfazioni non sono molte, ma meglio che niente”. E’ un’attività che viene svolta tutta da casa, con una totale libertà di orario, cosa che a Simone fa molto comodo: “Pur avendo 61 anni, ho un figlio ancora dodicenne che va seguito. Mia moglie è molto più giovane di me ed è fuori tutto il giorno per il suo lavoro, sono io che me ne occupo e stando a casa è più facile”.

La propria casa eletta a luogo dove si svolgono le proprie attività è una realtà per molti senior, sia per coloro che hanno terminato l’attività lavorativa retribuita e sono in pensione, sia per coloro che ancora lavorano. Ovviamente lo è sempre stata anche per le tante casalinghe che della propria abitazione hanno fatto per decenni il loro centro di gravità. Anzi, fino a non molto tempo fa era vincente lo stereotipo tradizionale: quello della moglie casalinga, regina della casa, che ad un certo punto, quando il marito andava in pensione, se lo ritrovava tra i piedi a tutte le ore e sperava che continuasse a trovare qualcosa da fare altrove. E lui, disorientato dalla perdita dei ritmi e dei luoghi lavorativi, si sentiva come un pesce fuor d’acqua, senza saper bene neppure dove sedersi a casa propria. Forse è un affresco troppo caricaturale, però è anche una realtà tuttora diffusa. A cui si sta accostando l’idea che, sia prima sia dopo la pensione, tra le mura domestiche si può continuare ad essere attivi.

Ad esempio, la propria abitazione può diventare il luogo dove dedicarsi alle proprie passioni artistiche o il laboratorio dove sperimentare le proprie abilità artigianali, ma soprattutto da casa tutti possono svolgere, grazie alle tecnologie attuali, molte attività, soprattutto quelle web-based, siano esse di natura lavorativa o no.

Anche se in Italia il lavorare da casa è un fenomeno ancora marginale (una quota, nel 2012, compresa fra il 2,3% secondo i dati Dasytec il 5% secondo i dati Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano), è immaginabile che questa formula incontrerà sempre di più il favore delle imprese e dei lavoratori più avanti negli anni, oltre che delle lavoratrici mamme. Su questi terreni è sempre bene guardare a quel che succede oltreoceano, perché spesso là questi tipi di fenomeni sono anticipati: ebbene, il Bureau of Labor Statistics sostiene che un quarto degli impiegati americani lavora da casa qualche ora ogni settimana e, secondo il Family and Work Institute, nel 2012 il 63% dei datori di lavoro ha dato la possibilità ai propri dipendenti di lavorare da casa. E in molti casi sono i senior a sfruttare questa opportunità.

Avere a casa propria uno spazio riservato dove poter stare connessi ad internet in tutta tranquillità sembra dunque essere una nuova esigenza da soddisfare.   Rimanere attivi anche da senior e stare a casa propria non sono più necessariamente condizioni tra loro incompatibili. Tutti vogliamo rimanere attivi: oggi si può farlo anche da casa.

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L’Italia e l’invecchiamento attivo

In che Paesi europei si dovrebbe vivere per essere sicuri di sperimentare un invecchiamento attivo ? Innanzitutto in Svezia, ma anche in Danimarca, nel Regno Unito, in Irlanda e in Olanda. L’ Italia è a metà classifica. E’ quanto emerge dalla prima misurazione fatta dall’Unione Europea sulla base dell’ AAI (Active Ageing Index), l’indicatore sintetico che misura quanto sono effettivamente realizzate le politiche e le prassi per l’invecchiamento attivo nei diversi Paesi dell’Unione.

Qualche giorno fa descrivevo su questo blog quali sono i fattori da cui è composto questo indice sintetico, che si riferisce alla popolazione tra i 55 e i 74 anni. In sintesi, le quattro macro aree di cui è composto sono: il “livello di occupazione”, il “grado di partecipazione nella società”, il “quanto si vive questa fase di vita in salute e in modo indipendente e sicuro”, infine la “capacità di invecchiare attivamente”. (Rimando al precedente articolo per capire meglio quali sono i fattori considerati all’interno di ciascuna macro area.)

La nostra posizione di metà classifica (l’Italia è al 15° posto su 27 Paesi) non è omogenea nelle quattro macro aree: difatti, siamo messi maluccio rispetto all’ “indipendent, healthy and secure living” (19° posto, al primo c’è la Danimarca) e ancora peggio riguardo al “livello di occupazione” (22° posto, qui il primo posto se lo aggiudica la Svezia), mentre possiamo andar fieri di un brillante 2° posto per quanto riguarda il “grado di partecipazione sociale” (davanti a noi c’è solo l’Irlanda).

Da cosa dipende questo risultato così divaricato nelle diverse macro aree ? Lo si capisce prendendo la lente d’ingrandimento e guardando ai singoli fattori.

Ad esempio, il 2° posto che ci guadagniamo nel “livello di partecipazione sociale” è tutto da attribuire al fattore “prendersi cura dei figli e dei nipoti”. E’ un’attività che nell’indagine viene presa in considerazione se svolta almeno una volta alla settimana e su questo non ci batte nessuno: siamo al primo posto e l’indicatore che la misura ci attribuisce un vantaggio di più di venti punti rispetto alla media di tutti i Paesi (53,7 vs 32,4). Siamo sopra la media anche nel “prendersi cura degli anziani e dei parenti non più autosufficienti”, ma in questo caso risultiamo solo secondi (dopo la Finlandia) e non di molto sopra la media (16,9 vs. 12,8). Nello svolgimento di attività di volontariato, un altro fattore che compone il “livello di partecipazione sociale”, siamo invece perfettamente in media (14,9), ma dopo Paesi come l’Austria o l’Olanda che raggiungono livelli sopra il 30.

Dove invece risultiamo in grande ritardo rispetto all’invecchiamento attivo ? Sempre la lente d’ingrandimento ci dice che dovremmo preoccuparci di tre aspetti: l’esercizio fisico, la dimestichezza con le tecnologie informatiche e il life long learning.  Anche se in Italia sta crescendo tantissimo in questi ultimi anni l’attenzione dei senior per queste attività, abbiamo ancora molto da fare se vogliamo raggiungere gli standard europei. Il divario è eclatante se si guarda all’ esercizio fisico, dove otteniamo un misero 1,6 (penultimi seguiti solo dai bulgari) rispetto ad una media di 11,0 e a Paesi come la Svezia o l’Irlanda che sono oltre il 20. D’altra parte, quanti di noi supererebbero l’asticella utilizzata, che è fare esercizio fisico o sport almeno 5 volte la settimana ?  Anche nel life long learning (misurato dal criterio: percentuale di 55-74enni che nelle ultime quattro settimane hanno ricevuto training, formazione, partecipato a corsi, ecc) siamo ampiamente sotto media (1,8 vs 4,7), così come nell’ uso di internet almeno una volta la settimana (22,0 vs 38,3).

Per finire, ma questo è un fenomeno arcinoto, il livello di occupazione italiano (dati 2010) risulta di una decina di punti più basso della media nella classe di età 55-64 anni e addirittura con differenze fino a 40 punti rispetto ai Paesi in cima alla classifica per la classe di età 60-64 anni.

Insomma, se l’obiettivo è l’invecchiamento attivo i punti forti e quelli di recupero sono chiari.

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Visti da chi fa ricerche di mercato

Vincenzo Ricca è un 42enne, account manager presso la società multinazionale di ricerche di mercato TNS e studia il fenomeno dei senior. Gli pongo alcune domande a margine del convegno CDV / Retail Watch su “senior e consumi”, dopo averlo sentito parlare dell’ “inarrestabile ascesa dei baby boomers nello scenario dei consumi”.

Dr. Ricca, Lei parla dei senior come di persone con ancora “sete di vita”. Cosa intende ?

Con “sete di vita” intendo il desiderio di rimettersi in gioco, di godere della seconda opportunità data dalla nuova fase di vita prima che cali il sipario. Il tramonto vero avviene solo quando vengono meno le forze. La “sete di vita” è anche la voglia di ricominciare, che emerge da tutte le ricerche, sia sul piano lavorativo che della vita privata.

Un’altra caratteristica che riconosce ai baby boomers consiste nel “desiderio di protagonismo”. Può spiegare di che si tratta ?

In generale i senior vogliono continuare ad essere al centro dell’attenzione, sono stati protagonisti già in passato e non vogliono smettere di esserlo, insomma non vogliono mollare.

Ad esempio, anche nelle aziende non mollano lo scettro; è vero che se lo conquistano quotidianamente con grandi sforzi soprattutto per non rimanere indietro sul fronte tecnologico, ma appunto si sottopongono a questi sforzi pur di rimanere protagonisti.

D’altra parte, non è solo una questione di potere. Emerge forte anche l’istanza del voler continuare a piacere: ne è una testimonianza, per fare un esempio, l’incremento forte in questa fascia di età del consumo di creme di bellezza rispetto agli anni passati.

Chi fa marketing e ricerche di mercato è molto attento a capire l’utilizzo del web fatto dai baby boomers. Dal suo osservatorio, quali sono gli utilizzi che nota di più ?

Sicuramente, per comunicazione (ed i Social Network confermano), entertainment ed informazione. In quest’ambito si leggono notizie anche su prodotti e servizi: per esempio viaggi, tecnologia, assicurazioni e film sono le categorie più ricercate e spesso più acquistate sul web (fonte TNS MobileLife 2012).

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