Posts Tagged: invecchiamento

Sessant’anni ma non sentirli affatto

Nata nel 1959, per la prima volta nella mia vita guardo con fastidio al nuovo anno (il tempo sembra aver acquistato una velocità esponenziale ormai da diversi anni). Non mi piace affatto l’idea di compiere sessant’anni fra pochi mesi, perché dentro ne sento trenta. Non mi sento affatto matura e realizzata.

Penso ancora di voler cambiare lavoro, compagno, magari paese o continente, perché mi sembra di non avere mai iniziato a vivere realmente. Mi tengo in forma e tutti mi dicono che non dimostro affatto i miei anni, ma questo non mi basta.

Come posso venire a patti con l’idea della vecchiaia o della morte? Cado in depressione per molto meno! Conosco persone online e mi accorgo di formare attaccamenti irrealistici e adolescenziali per persone che ovviamente non lo meritano. Ho provato a frequentare un corso di mindfullness, a cercare aiuto da uno psicologo, ma dopo poche sedute mi sono allontanata, scoraggiata. Cosa devo fare?

La nostra lettrice ha chiesto di avere una risposta pubblica da una psicologa esperta del mondo senior. Risponde Silvia Lo Vetere:

“Gentile Signora, c’è sempre un momento, per lo più nella seconda parte della vita, in cui la percezione del tempo cambia: certo non è un fatto oggettivo perché il tempo scorre sempre uguale, ma dentro di noi no.

E’ un momento di particolare turbamento e anche di grande importanza. Un momento che può essere una condanna o una preziosa opportunità. Molto dipende da noi.

Sono due infatti le strade che si parano davanti a noi di fronte all’inevitabile turbamento di questa nuova consapevolezza: negarla con orrore o venirne a patti trovandone anche i potenziali aspetti di valore.

Non rari tentativi di fuga si osservano sulla prima via, quella della negazione, diversi e quanto mai illusori: tornare ad esempio adolescenti con l’amore dei primi anni di scuola, vestirsi da teenager e magari sfrenarsi in discoteca, o altre cose simili. Tutte cose capaci magari di regalare sollievo nell’immediato, ma sulla lunga, lasciare nel vuoto di una illusione seguita invano.

La seconda strada è la più complessa, ma spesso la più proficua: non lottare contro i segni del tempo, accettarne il rammarico, il turbamento, l’impotenza come sentimenti difficili ma naturali. Affetti con cui nel tempo imparare a convivere magari parlandone anche con i coetanei.

Quasi sempre da questa maggiore accettazione, nasce anche la maggiore capacità di apprezzare aspetti diversi di noi, sopraggiunti con l’età: magari una maggiore consapevolezza di noi stessi, magari una qualità della relazioni più profonda, una maggiore capacità di scelta o altro ancora.

Chissà, forse ora lei pensa di sentirsi meglio cambiando tutta la sua vita. Magari ha ragione, ma forse può rendere più preziose e soddisfacenti le cose che già ha: trovare strade e interessi per ravvivare ad esempio il legame con il partner, avere con i colleghi uno scambio più significativo, coltivare qualche hobby finito il lavoro, allargare la cerchia di amicizie.

Non è rivoluzionando le cose fuori di noi che il nostro malessere migliora. Lei è una donna intelligente e ancora piena di passione: la incanali migliorando la qualità delle cose che fa, capendo di cosa davvero ha bisogno e desidera realizzare. A sessant’anni non può essere più il tutto ciò cui dare voce come a vent’anni. Ma se si impara a selezionare e a scegliere, la qualità delle esperienze che ancora la attendono potrà essere anche molto più intensa e preziosa che a vent’anni.

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Vecchia o young old ?

Pubblico volentieri questo articolo scritto da Silvia Ghidinelli, della serie “Appassire con stile”:    “Si chiama Vittoria. E’ un’amica di mia zia, ha settantacinque anni, è vispa e in gamba, ha superato un cancro anni fa, ha curato il marito e l’ha accudito fino alla sua morte. Si presenta vestita con cura, con orecchini pendenti sempre diversi, sbandiera una bella chioma bianca con un taglio impeccabile. E’ un’insegnante in pensione, ha delle figlie, un giovanissimo nipote, è una grande lettrice.

Parliamo dei nuovi senior, gli ever green di ora, quando la vedo inalberarsi: – A me non chiamatemi senior o della terza età, per carità…. Sono vecchia, chiamatemi vecchia. Non ho paura! Sono fiera di essere vecchia!- esclama con enfasi.

-Ma perché Vittoria? I vecchi di oggi sono diversi da quelli della generazione passata. Sono più vispi, più in gamba, hanno un’alta aspettativa di vita. Hanno a disposizione più cure, medicine, nuovi interventi chirurgici. C’è più cultura e perciò più cura di sé: per la propria alimentazione, per tenere in forma il proprio fisico e la propria mente. Non è giusto chiamarli vecchi, come un tempo. C’è bisogno di termini nuovi per identificare questi nuovi personaggi. Infatti la stampa ha coniato nuovi termini : li chiama young old ( giovani vecchi), senior, della terza età…e usano anche molti altri termini… – sostengo io convinta.

Ma non c’è niente da fare…non riesco a convincerla. Dice che bisogna dire pane al pane e vino al vino e che lei è vecchia e che al giorno d’oggi nessuno più vuole essere vecchio, mentre lei ne è orgogliosa.

L’incontro mi lascia pensierosa. Ritrovo, nei meandri della mia mente il mio filosofo/psicologo preferito: James Hillman, grande studioso della vecchiaia come momento di vita in sé, liberato dalla morte: il diventar vecchi come scoperta di un valore, dato alla natura umana e a tutte le cose esistenti.

E allora pensiamo a vecchi libri, vecchi manoscritti, vecchi giardini…che sono resi preziosi dalla qualifica di “ vecchio”.

Gli Inglesi usano il temine old, (vecchio) molto più di noi. Anche solo per chiedere l’età a qualcuno sia esso bambino, ragazzo, trentenne, anziano usano la nota frase:- How old are you? ( Quanto vecchio sei?)

E ci si può sentir rispondere:- I am seven years old. ( Sono vecchio di sette anni ). Pensate! Quindi, a qualsiasi età, senza timore, gli Inglesi si qualificano con la “vecchiezza”.

E che dire della mia vecchia poltrona, dove il termine vecchia sta ad indicare la mia affezione…il fatto che era appartenuta a mia madre, ad esempio. Ma, ancora, le cose vecchie hanno una patina, un fascino, una storia; hanno carattere. Un vecchio castello ha più storia, più fascino, più cose da dire di un nuovo edificio, ad esempio.

Sono certa che è in questo senso che Vittoria intende la parola VECCHIA. Sono vecchia, sono preziosa, sono qualcosa da tener caro, ho una storia. E ho anche carattere, perché posso permettermi di chiamarmi vecchia senza sentirmi sminuita.

Come vorrebbe invece il linguaggio corrente, che conosciamo bene, e che usa il termine vecchio per togliere valore, squalificare, sminuire. Forse spetta anche a noi dare nuove valenze ai vecchi termini?”

Questo articolo é stato pubblicato anche su Osservatorio Senior.

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Invecchiare bene, invecchiare male

Ti accorgi del tempo che passa quando incontri un amico o un conoscente che non vedevi da qualche anno e immediatamente ti accorgi che ha qualche ruga in più, uno sguardo e un portamento un po’ diversi, un colore diverso dei capelli.

In quel momento, come se ti riflettessi in uno specchio, capisci che anche nel tuo aspetto estetico necessariamente deve essere cambiato qualcosa, a cui avevi fatto poco caso perché con la tua immagine fai i conti tutti i giorni e le trasformazioni fisiche sono quasi sempre molto graduali.

L’atteggiamento di fronte ai cambiamenti del proprio aspetto fisico è il primo segnale di come ci si pone di fronte all’invecchiamento: c’è chi lo accetta, con un po’ di sorpresa e magari cercando di rallentare con qualche artificio estetico le manifestazioni meno simpatiche, però fondamentalmente considerandolo come la naturale evoluzione del proprio corpo e in generale della vita; c’è chi invece lo rifiuta, reputandolo un brutto scherzo del destino o un attentato alla propria identità, e talvolta infilandosi su un sentiero di interventi estetici ringiovanenti quasi mai di piacevole riuscita.

Ma è anche su altri fronti, non solo su quello del’aspetto fisico e dell’estetica, che vedi le differenze tra chi invecchia bene e chi invecchia male.  Ad esempio, un altro segnale evidente è dato dalla direzione verso la quale sono orientati i pensieri: verso il passato oppure verso il presente e il futuro. Quando un sessantenne concentra i propri pensieri sui ricordi del passato, trascorre la giornata con l’occhio incollato allo specchietto retrovisore e non riesce ad evitare a ogni pie’ sospinto di far confronti tra l’oggi (che risulta sempre perdente) e l’ieri (che risulta sempre migliore), allora si può dar per certo che in questo caso i decenni dell’invecchiamento non saranno una passeggiata piacevole. Diverso sarà per il coetaneo che, pur facendo i conti con i crescenti limiti che derivano dall’età, riesce ancora ad immergersi con tutte le proprie energie e passioni nelle vicende della vita quotidiana e trova la motivazione per pensare a progetti futuri.

Infine, se è vero – come dicono tanti esperti – che la riscoperta della “socialità non strumentale” è una delle opportunità che si hanno quando si entra nella fase di vita da senior, una differenza tra chi invecchia bene e chi invecchia male passa sicuramente anche tra chi sfrutta questa opportunità ampliando le occasioni di incontro con le altre persone e chi al contrario si rifugia nella propria solitudine senza cercare di uscirne.

Insomma, allungandosi il tempo della vita attiva anche dopo il culmine della maturità adulta, dovremmo tutti imparare come invecchiare bene. Accettare l’evoluzione del nostro corpo, riuscire a vivere appieno il presente, riuscire ad immaginarsi il futuro e coltivare la socialità sono i primi passi.

Questo articolo viene pubblicato anche su Osservatorio Senior

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Appassire con stile

Una riflessione e una bella metafora inviata da Silvia Ghidinelli:  “Osservo il fiore di magnolia che mio genero mi ha raccolto dal loro bell’albero e che ho messo nell’acqua in un vaso, solo ieri. Era bella, turgida, gonfia, di un raffinatissimo bianco avorio e profumatissima.

Oggi  i suoi petali sono striati di un bel color tabacco, sempre eretta e sempre profumatissima. E’ bellissima, ma nella mia mente la ricordo bianca e innocente e quella di oggi  mi pare brutta, perché la mia mente la paragona a quella del giorno prima…. Voglio invece apprezzare la bellezza della magnolia di oggi, senza pensare a com’era….

E mi pare che sia così pure  per l’invecchiamento: è il pensiero di come eravamo fisicamente che ci fa sentire spesso inadeguati, da noi stessi e dagli altri. Invece sono belli i senior con le loro rughe, i capelli sale e pepe, con la loro forza interiore, così come la magnolia conserva intatto tutto il suo inebriante profumo. E ringrazio questo blog che ci aiuta ad essere consapevoli di apprezzare il nostro stato di “ ragazzi di sessant’anni” e oltre.”

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Trent’anni dopo

Qualche buona ragione per non rivedere i vecchi amici dopo 30 anni che non li frequentate.

Apri la casella di posta e trovi, tra i tanti, un messaggio proveniente da un nome che ti dice qualcosa, ma che non riesci subito a mettere a fuoco. Sei tentato di buttare subito nel cestino degli spam, poi però all’improvviso ti ricordi che quello che vedi scritto sono il nome e cognome di Ale, un vecchio amico dato per disperso, che non si sa bene perché chiamavate tutti così, anche se il suo vero nome era un altro, appunto quello che adesso compare in casella. Prima di aprire il messaggio fai due conti veloci: “caspita ! non lo sento da 34 anni, che vorrà mai ?” Il mistero è presto svelato: intraprendente come allora, Ale sta tentando di organizzare una rimpatriata tra vecchi amici, più o meno tutti scomparsi nella disgregazione che ha colpito il tuo gruppo di quando eravate ventenni. Impieghi un giorno intero per decidere se rispondere o no, poi colpito dalla tenerezza dell’iniziativa e da un briciolo di curiosità ti dai disponibile. Non hai particolari nostalgie di quel periodo però i ricordi belli prevalgono su quelli brutti e in fin dei conti che sarà mai una serata amarcord. Meglio rivedersi così che aspettare che ti avvisino del giorno del funerale di qualcuno di loro e peggio ancora se il funerale fosse il tuo.

Così, la sera fatidica ti presenti un po’ dubbioso e te li ritrovi tutti davanti, ma bastano pochi minuti per renderti conto che il tuffo nel passato non è indolore. Ci fossero già state altre occasioni di frequentarsi durante gli anni trascorsi, probabilmente prevarrebbe la sensazione di essere invecchiati un po’ insieme e questo sarebbe persino consolante. Qui invece è calato il sipario per decenni e decenni senza che nessuno sentisse la necessità di sentirsi e vedersi e l’immediata sensazione è di un incontro tra estranei che faticano a ricomporre i ricordi del passato con le facce del presente.

Incroci visi che hanno un che di familiare, ma con qualcuno passa qualche secondo di troppo prima di riuscire a collegare un volto a un nome e di essere sicuro che non stai scivolando in una gaffe da scambio di persone. Dalle tenebre della memoria ricompaiono immagini che pian piano vanno a fuoco, ma che subito ritornano sfocate non appena le confronti con la faccia attuale di chi ti sta davanti. In quel preciso momento hai la certezza che anche loro stanno combattendo la stessa battaglia tra visioni del passato e del presente e che avrebbero preferito mantenere il ricordo di trent’anni prima.  Questa consapevolezza non aiuta a risollevarti l’umore.

Un po’ di curiosità reciproca è innegabile, qualche domanda ti viene di farla, ma la conversazione è posticcia e inceppata e se proprio ti avventuri nel rispondere alla domanda: “Ma cosa hai fatto in tutto questo tempo?”, ti rendi conto in un batter d’occhio che stai banalizzando in due o tre eventi la complessità della tua vita sentimentale, familiare, lavorativa, insomma la bellezza del tuo mondo e la fatica della tua esistenza. Anche gli altri semplificano a dismisura e probabilmente tutti si domandano perché devono raccontare la propria vita a degli estranei (perché tali ormai si é da decenni), senza essere nemmeno ad un colloquio di selezione.

Anche se non riesci a staccare gli occhi dai visi segnati, dai rigonfi eccessivi, dai capelli incanutiti, dalle spalle cadenti, per quale atto di gratuita cattiveria dovresti far capire loro che si vede che sono terribilmente invecchiati ? E quando tutti vi lanciate nel raccontare le disgrazie di salute in cui vi siete imbattuti, è tutto un minimizzare “perché guarda comunque sei proprio rimasto lo stesso”. Per fortuna però come tu non dici loro davvero come li vedi  anche loro ti risparmiano commenti sul tuo stato fisico e sulle differenze abissali rispetto a com’eri trent’anni fa. In fin dei conti ti basta l’immagine che riflette lo specchio di casa tutte le mattine, non c’è bisogno di uno specchio collettivo che sveli impietoso tutte le magagne che conosci già.

I tratti di personalità di ciascuno pian piano riaffiorano immutati, ma come velati da più pacatezza, da una maggiore distanza dalle cose della vita; era il pathos delle vostre conversazioni e l’entusiasmo nell’affrontare le situazioni quel che ricordavi in modo più vivido, lo cerchi disperatamente per tutta la serata ma non ne trovi più traccia e adesso ti sembra che anche il ricordo si sia un po’ annebbiato.

Vi salutate ripromettendovi di rivedervi presto, in realtà sapete tutti che non succederà. Molto meglio conservare nitido il ricordo di quel che vi faceva star bene insieme un tempo piuttosto che tentare di ravvivare un fuoco ormai spento !  In foto: “Amicizia” di Guerrero Iori

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Uomini e donne: invecchiamo allo stesso modo ?

Non tutti invecchiamo allo stesso modo. C’è chi lo fa godendo di ottima salute fisica e mentale e chi invece deve occuparsi quotidianamente delle proprie malattie. Chi è capace e può permettersi di godere delle opportunità che vengono offerte ai senior e chi al contrario sperimenta questa fase di vita come un continuo declino. Chi guarda avanti con fiducia anche se consapevole che il tratto di vita rimanente è meno lungo di quanto già vissuto e chi invece invecchia abbandonando il gusto del presente e dei progetti, facendosi prendere solo dai ricordi del passato.

Differenze ! Differenze individuali, non c’è dubbio, molto legate alla psicologia di ciascuno di noi e alle nostre storie di vita personali (familiari e di lavoro soprattutto), che inevitabilmente ci condizionano anche quando invecchiamo. Ma ci sono anche differenze che sperimentiamo in quanto siamo parte di un gruppo sociale. Per ricordare le più evidenti: diverse sono la tranquillità e la possibilità di godere appieno delle opportunità offerte ai senior da parte di chi appartiene ad un ceto socio-economico elevato rispetto a chi invece fatica a campare con una pensione minima. Così come si farebbe fatica a parlare di terza età come degli “anni dorati” per un cittadino di un Paese sub-sahariano, mentre è nei Paesi ricchi che l’espressione è stata varata.

Anche rimanendo entro i confini del mondo occidentale da noi più conosciuto, una delle differenze nell’invecchiamento che mi pare avere più peso, ma che contemporaneamente è poco studiata, è la differenza di genere. Di fronte alla maggiore longevità, ad una “vita nuova” in cui si tende ad essere attivi, dinamici, mobili, informati, aggiornati, connessi, in apprendimento e in relazione con gli altri, in questa nuova realtà uomini e donne invecchiano allo stesso modo ?

Mediamente, le condizioni fisiche e di salute di uomini e donne over60 portano alle medesime opportunità o a differenze significative ? Le regole e le abitudini sociali conducono a un diverso modo di affrontare gli anni da senior o non vi sono sostanziali differenze ?  Come suggeriva in questo stesso blog Licia Riva qualche mese fa: la solitudine, l’uscita di casa dei figli, la cessazione del lavoro, l’evoluzione dell’aspetto fisico, non sono tutti aspetti della vita che sono affrontati diversamente da uomini e donne senior ?

Faccio solo due esempi, uno di natura medico-neurologica (le differenze di memoria) e l’altro di natura sociale (le attività a cui ci si dedica dopo il lavoro), per evidenziare come l’argomento meriterebbe di essere studiato di più.

Per quanto riguarda le differenze di memoria, uno studio di un paio di anni fa, condotto alla Mayo Clinic di Rochester e pubblicato sulla rivista Neurology, ha stabilito che nelle donne anziane il rischio di MCI (“mild cognitive impairment”, traducibile con “deterioramento cognitivo lieve”) è significativamente più basso che nei loro coetanei maschi, risultato che ha sorpreso i ricercatori, considerato che invece le varie forme di demenza senile sono più frequenti nel genere femminile che in quello maschile (per chi vuole approfondire vedi http://www.aan.com/PressRoom/Home/PressRelease/1018 ). Il MCI denota un deficit cognitivo maggiore di quello che ci si potrebbe attendere statisticamente ad una certa età, ma non compromette ancora il normale svolgimento dell’attività quotidiana. Se i risultati di queste ricerche saranno confermati, sarà utile pensare in modo diverso per uomini e donne senior ad esercizi cognitivi, ad attività sociali e ad attività di apprendimento e stimolazione del cervello ?

Il secondo esempio che porto riguarda le attività cui ci si dedica una volta che si è interrotta, o si è diminuita, l’attività lavorativa. Tutte le ricerche evidenziano che, con l’eccezione degli strati sociali più elevati, in Italia l’attività prevalente è la cura dei familiari, intendendosi di solito nipotini e genitori grandi anziani non più autosufficienti. Ma tradizionalmente le attività di cura sono demandate alle donne. E’ ancora vero oggi ? O i costumi, nelle generazioni che per prime hanno sperimentato gli effetti del femminismo, stanno cambiando e anche per i sessantenni maschi il dedicarsi a nipoti e genitori sta diventando normale, un modo per rimanere attivi ?

Sono solo due esempi, quelli che ho proposto, per segnalare che probabilmente una maggiore attenzione alle differenze di genere nell’invecchiamento ci potrebbe far capire di più cosa sta succedendo e  ci potrebbe dare indicazioni su come comportarci.

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Salute, prevenzione e stili di vita

Quale delle due ? Siamo diventati ossessionati dalla prevenzione dalle malattie e dall’attenzione alla nostra salute oppure invece finalmente abbiamo fatto nostro un valore positivo, quello della cura di sé e degli stili di vita salutisti, tanto da poter definire una conquista questo nuovo atteggiamento ? 

Tutte le statistiche, le indagini e i dati di mercato segnalano che i comportamenti dei senior vanno nella direzione di prendersi sempre più cura del proprio corpo, di fare in modo sempre più regolare controlli periodici, di non lasciare niente al caso se ci sono di mezzo la salute, il benessere fisico e l’aspetto estetico. “Se l’invecchiamento è inevitabile, cerchiamo di ritardarlo e comunque di viverlo nelle migliori condizioni!” questo sembra essere il messaggio che mandiamo.

Così ci sottoponiamo volentieri all’appuntamento periodico dal medico di base per un controllo anche se non ci sono malanni in corso, alle analisi del sangue e agli accertamenti standard così da prendere per tempo rimedi contro eventuali malattie serie, alla visita periodica dal dentista per lo meno per una pulizia dei denti preventiva: insomma, ogni centimetro del nostro corpo è tenuto sotto stretta osservazione anche se non siamo malati (pare che solo gli occhi, e la relativa visita dall’ottico o dall’oculista, sfuggano a questa regola, chissà perché…). E non si tratta soltanto di controlli in ambito medico-sanitario. Altrettanto diffusa è l’attenzione agli stili di vita: guai ad esempio ad impigrirsi in abitudini troppo sedentarie che peggiorano la condizione muscolare, a non dormire un numero di ore sufficienti per ristorarsi o a prendere l’ascensore per fare solo un piano di scale quando invece, come si sa, salire a piedi farebbe tanto bene al cuore. E non parliamo dei regimi e delle scelte alimentari: dopo migliaia di apparizioni televisive della 67enne Sandrelli, tutte le senior italiane sono diventate sensibili al giusto apporto di calcio che è necessario al corpo e le vendite del famoso yogurt che rinforza le ossa vanno alla grande. Ma anche chi è poco condizionato dalle sirene pubblicitarie, è comunque altamente consapevole degli effetti provocati sul proprio corpo da ciò che mangia e beve: sappiamo che alla nostra età è dannoso, oltre che fonte di pesanti sensi di colpa, esagerare con le quantità, cedere alla doppia porzione di dolce, farsi la pasta asciutta tutti i pasti, e via dicendo; così, ligi al dovere, teniamo la contabilità di vitamine, proteine e carboidrati che ingeriamo, cercando il più possibile di gustare i sapori di una cucina genuina, casalinga e dagli ingredienti doc.

Peraltro, non è detto che controlli sanitari periodici, stili di vita controllati e alimentazione salutare siano abitudini che pesano, anzi molti ne sono rassicurati e sono felici di godere, come conseguenza, di un benessere fisico che si ripercuote positivamente anche sul fronte dell’umore.

Le nuove abitudini dunque possono essere tutt’altro che una fatica o un’ossessione. Anzi, possono essere nuove routines che rendono più armonico il rapporto tra corpo e mente e che si sposano perfettamente con i propri valori e stili di vita più complessivi. E’ quando su tutto prevale invece la paura di invecchiare che le nuove abitudini sanitario-alimentari possono trasformarsi in ossessione. Perché se ci si fa prendere da un deleterio giovanilismo e da un’utopistica speranza di fermare il tempo, allora ogni prevenzione sanitaria, ogni abitudine quotidiana salutista, ogni alimento benefico, si trasformano immediatamente in una prigione in cui si siamo cacciati da soli.

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