Posts Tagged: muoversi

Amo viaggiare

Sono Guido, 67 anni in pensione, di Roma (ma vivo vicino al Lago Maggiore).
Come forse molti di voi mi trovo a scontrarmi spesso con le difficolta a far comprendere agli “under” che sebbene il fisico non è quello di una volta, lo spirito, il desiderio e la volontà di viaggiare sono rimasti immutati, anzi forse questi sono addirittura aumentati, adesso che ho tempo vorrei usarlo.

Amo viaggiare in auto, ho una land cruiser attrezzata per grandi viaggi, Iran, Turchia, Tunisia, Marocco, Algeria, Mauritania e quasi tutta l’Europa sono solo una parte dei 300 mila km percorsi dall’arzilla vegliarda che è un po’ come me, ancora in rodaggio… (Gli altri chilometri li hanno fatti quelle che l’hanno preceduta).
Solo oltreoceano ho rinunciato alla mia macchina e alla comodità che offre, (tutto per due persone anche dormire).
Ho noleggiato veicoli fuoristrada e ho fatto 5 viaggi in Sud America, percorrendo diecimila Km a viaggio tra terra del Fuoco, Patagonia, in Cile e Argentina, deserto de Atacama, Nord Ovest Andino, Iguazu, Salar de Uyuni in Bolivia, tra le piste polverose sulle Ande nelle zone più remote di Argentina, Cile e Bolivia (ma anche Messico, Guatemala, Belize e Honduras).
Sono tornato a gennaio da un viaggio di 45 giorni, eravamo sei persone, un 67enne (io) una 63 enne e suo marito 73enne, e poi due ragazzi di 40 anni che facevano fatica a starci dietro
Il mio messaggio è: se qualcuno è interessato a viaggi in auto anche in terre lontane, eccomi!

Foto di Guido, tratte dai suoi viaggi. La sua storia è pubblicata anche su www.osservatoriosenior.it

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Turismo evergreen di gruppo

Pubblico con piacere questo articolo di Silvia Ghidinelli.

Vi sarà forse capitato di incontrare, anche nelle vostre città, frotte di senior, accompagnati da una guida, intenti ad ammirare le bellezze che li circondano. E’ il turismo di gruppo della terza età.

 

 

Sì perché i senior, spesso, amano viaggiare in gruppo, con le loro Associazioni di Volontariato, di Pensionati, delle loro Parrocchie e, proprio per questo, amano viaggiare tra persone conosciute e spesso amiche, con le quali vivere in gruppo e condividere importanti esperienze, divertirsi insieme, e, in fin dei conti, riappropriarsi dell’atmosfera della giovinezza, quando il gruppo era parte integrante della vita. Sì, perché il gruppo è goliardico, allegro ed integra facilmente anche coloro che sono soli …

Molti senior sono liberi da impegni lavorativi e perciò possono scegliere di viaggiare in qualunque momento dell’anno; è favorita la scelta delle medie stagioni, perché il clima è mite , ma non afoso, i prezzi calmierati, l’accoglienza negli alberghi più curata e meno frettolosa, i siti, i monumenti e i musei meno affollati.

Inoltre il TEMPO, risorsa dei senior, consente loro, se lo desiderano, un lento avvicinamento al luogo prescelto, gustando via via i cambiamenti della natura, delle architetture, dell’Umanità incontrata. Modalità ben lontana dai viaggi “mordi e fuggi” che ti catapultano nelle capitali in poche ore, lasciandoti per altrettanto poco tempo, senza alcun riferimento di localizzazione se non la carta geografica.

In questi viaggi di gruppo raramente il pranzo è libero, per mangiare magari un panino o frutta, come sarebbe anche bene, ad una certa età, per non appesantirsi. Invece, è più in uso che i senior in gruppo condividano il piacere di stare a tavola per gustare cibo tipico del luogo, assaggiare vini nuovi, e, se si trovano all’estero, comparare il tutto con l’ineguagliabile cucina italiana.

Va da sé che, se i viaggi sono organizzati da Enti religiosi, si cercheranno anche le tracce del Cristianesimo nei luoghi visitati: come è accaduto a me, grazie ad un bel viaggio in Grecia con la Diocesi della mia città, di seguire le tracce di S.Paolo all’Areopago sull’Acropoli di Atene e a Corinto, o di S.Andrea a Patrasso. Il viaggio era aperto a tutti, credenti e non, e voglio aggiungere che è stato molto interessante anche per me che sono agnostica, ma percepisco il fascino del Vangelo e provo grande rispetto e ammirazione per coloro che lo vivono con Fede.

Anzi credo che i senior, spesso, inseguano non solo interessi culturali, ma anche spirituali, perché, come dice Hillman, non bisogna trascurare l’anima più profonda, la quale, al di là della gratificazione fisica, ha bisogni estetici: senza immagini e sensazioni di bellezza, l’anima appassisce e muore.

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La cura di sé: buone pratiche

Ricevo da Silvia Ghidinelli e volentieri pubblico: “Ho raccolto alcune testimonianze, intervistando senior nell’Università della terza età della mia città, sul tema della cura di sé.     Che cosa è utile fare da parte di noi senior?

Innanzitutto si ha più tempo a disposizione, perciò si può lasciare la macchina e spostarsi di più a piedi per andare in centro o a fare commissioni; fare delle camminate o continuare a fare gli sport a cui siamo abituati, senza esagerare negli sforzi…

Si ha più tempo a disposizione e perciò sarebbe più facile la cura della propria persona, ma è bene prendere coscienza che spesso ci invade una certa pigrizia, che sopravviene perché c’è meno il confronto con gli altri nell’ambiente di lavoro, meno lo stimolo a vestirsi e a truccarsi, sollecitato anche dall’incontro con i colleghi più giovani. Allora che fare?

Andare regolarmente dal parrucchiere per la tinta o per un buon taglio, se si è deciso di essere delle “pantere grigie”, cioè di sbandierare con grinta la propria chioma naturale. Il parrucchiere di fiducia è un luogo dove si incontrano persone varie, si ha a che fare con professionisti che non ci fanno sentire fuori dal mondo, si sfogliano giornali di moda e di mondo….

Vestirsi senza spendere una fortuna… C’è più tempo per cercare tra i saldi qualche capo insolito, qualche colore allegro…Di certo noi senior privilegiamo il capo “caldo”, pratico, le scarpe comode, ma attenzione che la praticità non sia a scapito della bellezza e della gradevolezza. Da giovani si deve piacere, ma da senior non si deve dispiacere…- diceva una mia cara zia.

Hillman, uno psicologo e filosofo che si è occupato della Terza età, ci esorta a curare il nostro gusto estetico . “Il compito della terza età è l’esercizio del gusto, perché troppo spesso si evidenzia un declino estetico: ci si veste come capita, con volgarità nella scelta dei colori, sensibilità rozza. Il declino verso un’estetica da centro commerciale e da fast food non è dovuto del tutto alla depressione economica o psicologica, né ai farmaci con i quali ci instupidiamo. La mancanza di gusto deriva anche dal fatto di trascurare l’anima più profonda, la quale, al di là della gratificazione fisica, ha bisogni estetici. Senza immagini e sensazioni di bellezza, l’anima appassisce.”

Ecco allora, come ha proposto una delle mie intervistate, che è bene, fin dal mattino, lavarsi, vestirsi, truccarsi pettinarsi e mettersi persino gli orecchini, in modo da essere presentabili sia se qualcuno passa a casa a trovarci, sia se decidiamo improvvisamente di uscire. Da bandire invece, l’uso della tuta in casa, che contribuisce a renderci sciatti e pigri….

Ma, naturalmente, la cura di sé diventa anche cura e attenzione al proprio lato spirituale, per lasciarsi invadere dalla bellezza dell’arte, della musica, della poesia. Abbiamo più tempo a disposizione, per andare a concerti o a visitare chiese, musei, mostre, o, finalmente, mostrare attenzione ai palazzi, architetture, piazze, portali: l’arte gratuita a kilometro zero.

E’ anche l’occasione per riscoprire o scoprire i propri talenti: le abilità culinarie, di cucito, ricamo, pittura, strumento musicale, scrittura….che mettono in gioco il bello: belle immagini e realizzazioni armoniose.

Ecco un haiku scritto dal poeta Seiju a settantacique anni:

Nemmeno per un attimo

le cose sono ferme – guarda

i colori degli alberi.”

Questo articolo é pubblicato anche su Osservatorio Senior

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Mi sento un equilibrista

Scrive Bruno: Mi sento come un equilibrista sul filo. Mi rendo conto che sta per finire tutto quello che è stato la mia vita passata (però ci sono ancora dentro) e che sta per iniziare un mondo nuovo (però ancora non so cos’è e se mi piacerà). Moglie, lavoro, città, tutto è in bilico e in cambiamento.
Con mia moglie ci stiamo lasciando. Dopo trent’anni di matrimonio, gli ultimi anni tra noi sono stati veramente difficili, lei ha incontrato un nuovo compagno e anch’io ho una nuova compagna, di qualche anno più giovane (io ho appena compiuto i fatidici sessanta, lei ne ha 53). Ci sono momenti di grande delusione per la fine del mio matrimonio ma anche tante energie perché mi sono nuovamente innamorato e questo mi fa sentire come rinato.
Insieme a questo è successo che in azienda mi hanno fatto fuori. Quando a un dirigente gli tolgono la sedia, le responsabilità, le persone e lo lasciano a marcire nel suo ufficio, non ci vuole un genio per capire che ti hanno fatto fuori, che non ti vogliono più, che devi andartene. Alla mia età è inutile cercare di recuperare le posizioni e sperare che il vento torni a tuo favore. L’unica cosa che hai da fare è cercare di proteggerti il più possibile, contratto alla mano. Comunque la trafila la conosco, ho già visto anche con altri cosa succede: devi star lì ancora per un po’ e poi esci e ti porti a casa una buonuscita. Quanto durerà questo però non lo so, lo stress è tanto e non mi sento né dentro né fuori. Io adesso vivo in Veneto e la mia nuova compagna è di Roma, quindi sto cominciando a capire se a Roma potrei viverci e starci bene: anche questo è un mistero. Mi sa che di misteri ne ho un po’ troppi…

Questa storia è pubblicata anche su Osservatorio Senior

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Una vita nel mondo

Scrive Daniela: Non ero ancora diciannovenne allorché, insoddisfatta delle prospettive che un’asfittica vita di provincia mi prospettava, decisi di volare in Gran Bretagna, allettata dalla fama che quel Paese emanava in termini di dinamicità d’attività lavorativa e senza badare ai possibili rischi di quella scelta.
La conoscenza dell’idioma locale costituì il primo dei problemi da affrontare, a cui si aggiunse il gran freddo del febbraio londinese.
Dopo un anno di soggiorno e di fatiche costrinsi il West London College a dotarmi del Proficiency Certificate, il diploma che attestava che avevo imparato l’inglese.
La conquista ottenuta mi consentì di iniziare una vera e propria attività lavorativa presso una multinazionale, una società alberghiera dove mi occupavo di prenotazioni in tutte le strutture estere periferiche.
Clima e complicazioni affettive mi indussero però a rientrare in Italia di lì a quattro anni; potendomi a questo punto ormai avvalere di una buona conoscenza della lingua inglese non ebbi difficoltà a trovare un’attività lavorativa in una società petrolchimica di primaria grandezza.
Dopo pochi anni di assestamento, mi affidarono un incarico che mi consentì di spaziare sugli ampi orizzonti dell’intero orbe terracqueo: così poterono apprezzare le mie qualità (e io apprezzai le loro) gli abitanti di più di 40 città: da Barcellona a Parigi, da Amsterdam a Copenaghen, da Zurigo a Bratislava, fino a luoghi più lontani come Istanbul, Il Cairo, Jaffa, Casablanca, New York, Tokyo, Seul e tante altre ancora… Lo so che è difficile credermi ma vi assicuro che è andata così. Del resto, che colpa potevo avere io se la Società mi costringeva a seguire i dirigenti ad ogni angolo del mondo ove si recavano a sottoscrivere contratti e/o monitorare i mercati?
Poi, si sa, ci si mettono gli affetti e i sentimenti… Persistenti, complicati e ondivaghi, mi indussero all’abbandono di quell’attività. Per poco però, giacché di lì ad un anno le solite turbolenze affettive mi indussero nuovamente a rimettermi in gioco, anche se ormai avevo ottenuto la pensione.
Per altri dieci anni ho continuato a lavorare in una grande società farmaceutica: diverse esperienze, diverso il linguaggio, diversi i soggetti, tutto però come sempre stimolante.
Tra sette giorni, dal momento in cui scrivo, avrà termine anche questa esperienza.
Sono certa però che non sia stata l’ultima… La vita continua…

La storia di Daniela é stata pubblicata anche su Osservatorio Senior

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Invecchiare bene

Le statistiche sull’allungarsi della vita media e sull’invecchiamento della società ormai ci sommergono: un fenomeno che fino a poco tempo fa era materia per addetti ai lavori nel volgere di pochi anni è diventato di dominio comune. La vera sfida non sembra neppure più quella di riuscire a vivere a lungo, ma di invecchiare rimanendo vivaci di testa, di gambe e di cuore.

Al senior cui piace questa prospettiva, la scienza offre dei formidabili agganci per affrontare il resto della propria vita con ottimismo. Ad esempio, una disciplina che negli ultimi anni si sta rivelando fertilissima, le neuroscienze, ha portato alla luce, tra le tante scoperte, che il nostro cervello ha una grande capacità di rigenerarsi e un’insospettata capacità di apprendere, di adattarsi e di svilupparsi, anche ad età avanzata. La persona che invecchia bene può, tra le tante intelligenze di cui potenzialmente dispone (c’è chi ne ha individuate nove: ad esempio, l’intelligenza linguistica, quella cinestesico-corporale, quella visivo-spaziale, quella logico-razionale, ecc) non smettere di coltivare quelle per cui è maggiormente portata, senza farsi troppi crucci se altre intelligenze per cui è meno votata declinano rapidamente. E sempre le neuroscienze avvertono che quando manifestiamo pensieri, immagini, emozioni, sensazioni, vi è una modificazione dell’attività del cervello, il quale é stimolato non solo da esperienze mentali ed affettivo-emotive (fenomeno che tutto sommato già sapevamo) ma pure da esperienze fisico- corporali. Insomma, una bella passeggiata stimola il nostro cervello non meno di un incontro carico di emozioni con un vecchio amico o di una lettura interessante.

Un grande degli studi sull’invecchiamento, Marcello Cesa-Bianchi, ha scritto: “Da vecchi e longevi è sempre possibile imparare, fare nuove esperienze, conoscere qualcosa di sé che per tutta la vita era sfuggito, dare un senso diverso ai giorni che si vivono”.

Le scienze ci dicono che ci sono le possibilità per un buon invecchiamento. La saggezza che il buon invecchiamento lo troviamo anche nell’introspezione e nella serenità dentro noi stessi.

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Rientro in Italia

Scrive Corado: Sono nuovo nel target di questo blog, infatti ancora mi riconosco solo parzialmente nel punto di vista delle altre storie, o forse mi piace pensare che sia così ….. Dunque, sono partito dall’Italia alla fine del 2005, una bella occasione professionale e mia moglie ed io ci siamo trasferiti a Mosca con i nostri due figli che avevano appena 4 e 2 anni. Da lì l’inizio di un’avventura europea, un anno in Russia (Mosca è a volte affascinante ma certamente non facile, è una bella esperienza se si ha voglia di viverla) poi trasferimento a Bucarest, dove ci sembrava tutto molto più semplice e familiare e dove ho incontrato giovani con grandissima voglia e capacità professionali. E’ seguita Bruxelles, città con qualità della vita molto alta, internazionale ma non troppo grande, in origine città fiamminga, oramai città europea e prevalentemente francofona (meglio non dirlo alla nazionalista N-VA). Da ultimo Varsavia, viva, orgogliosa e in crescita.
Nel frattempo però mi sono reso conto che ero stanco di lavorare come facevo (in banca) e che il desiderio di lavorare e vivere diversamente si accompagnava a quello di vivere questo cambiamento di nuovo nel mio Paese. Quindi rientro in Italia: questo sì un bel cambiamento! Non più sotto l’ala protettiva di un datore di lavoro, mia moglie deve pensare a rimettersi in gioco, i figli per la prima volta studiano in Italiano (che difficile l’analisi logica!), il nuovo lavoro da far partire. Ci siamo stabiliti a Bologna, dove avevo studiato: la prima volta che scegliamo dove andare a vivere non per motivi professionali.
Poi tornare in Italia richiede di costruirsi un ombrello psicologico che ripari dalla pioggia di cattive notizie da cui siamo quotidianamente bombardati. All’estero era come vivere in un limbo previlegiato, ma qui bisogna erigere una paratia tra le notizie che si ricevono e lo spirito ed entusiasmo con cui iniziare le nuove giornate.
Tempo fa uno studioso tedesco affermò che l’Italia era nelle migliori condizioni per affermarsi nella globalizzazione, grazie alla sua fortissima identità; vivendo all’estero se ne ha una chiarissima visione. Questa sì un’idea da tenere sempre bene a mente!

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Vagabonda

image4Scrive Spyros: Ho lasciato l’Italia a Marzo 2007 e non sono piu tornata.
Ho vissuto a Shanghai per quasi tre anni lavorando.
Qualche mese a Dubai, un mese a Maracaibo, una schifezza.

Ora sono cinque anni che vivo in Finlandia, mi trovo molto bene anche se l’inverno è lungo e freddo ma l’estate è meravigliosa, il sole non tramonta mai.

 

image1Un paese sicuro, tranquillo, molto attenti agli anziani e disabili. Qui l’età per lavorare non la guardano, gli interessa la tua capacita. Io ho 62 anni, lavoro e me lo sono inventato, ora faccio la pasticcera.

Spyros in una foto che ci ha inviato, sullo sfondo un lago finlandese. In basso una torta preparata da Spyros.

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Rigenerarsi

Scrive Carlo: Un paio di anni fa ho smesso di praticare la mia attività di medico e da allora ho ricominciato a fare il medico. Mi spiego: era arrivata l’età della pensione ma non avevo alcuna voglia di mettere in un cassetto la mia professione. Non dover più combattere con la burocrazia sanitaria e non essere più ossessionato dagli orari, a questo sì ho rinunciato volentieri ed ero contento di togliermi queste scocciature dai piedi. Ma il rapporto con i pazienti è sempre stata la mia vita e a quella non volevo rinunciare. Alcuni amici che lavorano in un’organizzazione di volontariato e che conoscevano questo mio desiderio mi hanno proposto di trascorrere due periodi l’anno in posti del mondo dove c’è un gran bisogno di medici e ci sono centri di questa organizzazione. All’inizio ero molto perplesso, non solo perché temevo di non essere in grado di reggere la fatica fisica imposta da questi luoghi disagiati, ma anche perché la mia filantropia non era arrivata ad immaginare una sfida del genere. Alla fine mi sono fatto convincere e ci ho provato. E’ stata un’esperienza indescrivibile: molto dura ma anche emozionante, con emozioni che non provavo da tanto tempo. Mi sono sentito utilissimo, ho toccato con mano le differenze del mondo, ho conosciuto realtà che mai avrei immaginato esistessero e persino sul lato professionale mi sono accorto che avevo bisogno di migliorarmi, di studiare cose che non conoscevo. Dopo due esperienze di questo genere posso dire che è stato un vero modo per rigenerarmi, non avrei potuto immaginare un passaggio migliore verso la mia stagione da pensionato.

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L’emigrazione dei capelli grigi

Notizia Ansa del 21 agosto 2014, sotto il titolo: “Non solo fuga giovani, nuova emigrazione ha capelli grigi”:

“Nel periodo 2007-2013, dall’Italia sono emigrati all’estero in 620mila, quasi il doppio rispetto ai 7 anni precedenti. Solo nel 2013 hanno varcato i confini oltre 125mila adulti. Diversamente dal passato però, il nuovo boom di espatri è trainato da emigrati con i ‘capelli grigi’: negli anni della crisi l’incremento degli espatriati italiani con un’età tra 40 e 49 anni è stato pari al 79,2%. +51,2% nella fascia 50-64 anni. Emerge da una ricerca del Centro studi Cna”.

Da capire se si tratta più di un’emigrazione lavorativa (ad esempio, il tecnico specializzato che viene inviato dall’azienda a lavorare all’estero) o più di un’emigrazione dei pensionati che, come illustravano alcuni dati dell’Inps di mesi fa, si trasferiscono all’estero e lì si fanno inviare la pensione (scelta di vita spesso condizionata da ragioni economiche ma anche dal piacere di trovare luoghi piacevoli dove vivere). In entrambi i casi, testimonianza non solo del periodo di crisi, ma anche della nuova mobilità e iniziativa dei senior.

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