Posts Tagged: separazioni

Mi sento un equilibrista

Scrive Bruno: Mi sento come un equilibrista sul filo. Mi rendo conto che sta per finire tutto quello che è stato la mia vita passata (però ci sono ancora dentro) e che sta per iniziare un mondo nuovo (però ancora non so cos’è e se mi piacerà). Moglie, lavoro, città, tutto è in bilico e in cambiamento.
Con mia moglie ci stiamo lasciando. Dopo trent’anni di matrimonio, gli ultimi anni tra noi sono stati veramente difficili, lei ha incontrato un nuovo compagno e anch’io ho una nuova compagna, di qualche anno più giovane (io ho appena compiuto i fatidici sessanta, lei ne ha 53). Ci sono momenti di grande delusione per la fine del mio matrimonio ma anche tante energie perché mi sono nuovamente innamorato e questo mi fa sentire come rinato.
Insieme a questo è successo che in azienda mi hanno fatto fuori. Quando a un dirigente gli tolgono la sedia, le responsabilità, le persone e lo lasciano a marcire nel suo ufficio, non ci vuole un genio per capire che ti hanno fatto fuori, che non ti vogliono più, che devi andartene. Alla mia età è inutile cercare di recuperare le posizioni e sperare che il vento torni a tuo favore. L’unica cosa che hai da fare è cercare di proteggerti il più possibile, contratto alla mano. Comunque la trafila la conosco, ho già visto anche con altri cosa succede: devi star lì ancora per un po’ e poi esci e ti porti a casa una buonuscita. Quanto durerà questo però non lo so, lo stress è tanto e non mi sento né dentro né fuori. Io adesso vivo in Veneto e la mia nuova compagna è di Roma, quindi sto cominciando a capire se a Roma potrei viverci e starci bene: anche questo è un mistero. Mi sa che di misteri ne ho un po’ troppi…

Questa storia è pubblicata anche su Osservatorio Senior

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Che strano!

Scrive Maretta: Storia classica, io 63 anni lui 66 se ne va con una straniera di 30 anni più giovane. 40 anni di matrimonio e mai una lite. Anzi risate e solidarietà. Poi ho capito, che strano. Ero solo io l’allegra e la solidale, quella che si faceva il mazzo al lavoro. che strano: mi si sono spalancati gli occhi dopo 40 anni! Ho vissuto con un ufo e mio figlio l’aveva capito da 20 anni, ora ne ha trentatré. Cari ragazzi di sessant’anni, ho vissuto in un mondo mio e non ho nemmeno sofferto alla scoperta di un’altra realtà come stupefatta di avere visto per la prima volta la luce. Uno squarcio nel sipario. Sono arrabbiata con me per avere sprecato parte della mia vita ma non per quello che questo matrimonio mi ha dato: un meraviglioso figlio che lui ha perso e mai capirà. Ciao al mondo nuovo.

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Cambio di stagione

Scrive Mercedes: Sono ottimista di natura. E meno male perchè son dovuta passare sotto le Forche Caudine per molte volte. Ho sessantaquattro anni, tre figli ormai grandi e tre nipoti. Sono divorziata da otto anni da un uomo che ha visto in me i pioli di una scala da usare per lanciarsi in alto. E lo ha fatto, a mie spese ed è stato anche bravo! Io vivo da sola, ma non soffro affatto di solitudine: mi tengo compagnia e mi diverto anche tanto. Faccio delle cose piacevoli, da sempre coltivate con fatica a causa degli impegni lavorativi (facevo la maestra) e familiari. Ho scritto libri per ragazzi, tre raccolte di racconti ed un libro giallo; amo dipingere e disegnare, mi diverto a creare oggetti strani ed inconsueti, perfettamente inutili ma divertenti; amo chiacchierare ed ascoltare, ma non sopporto le banalità. Ho poca autonomia di movimento per dei problemi di salute, ma utilizzo la mia passione per la lettura, così mi “muovo” molto… muovendomi poco. E poi ci sono i due nipoti adolescenti che stazionano da me dall’ora di pranzo a quello di cena. Sono loro la mia finestra su questo strano presente.

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Come un cerino

Scrive beppemolisano: Ho 63 anni ed ho la netta sensazione di avere bruciato la mia vita.
Non ho costruito niente. E’ vero, ho due figli bravissimi ed un nipote bellissimo, ma la mia condizione di separato mi fa vivere ai margini della sua: lo vedo soltanto una volta a settimana.

Con i figli ho un ottimo rapporto, ma loro hanno le loro vite, ed è giusto che sia così. Ed allora mi avvolgo nella mia solitudine, che neanche il lavoro riesce a colmare, quel lavoro che è sempre più scarso ed insoddisfacente. Ho rinunciato anche ai sogni d’amore dopo tanti schiaffi presi.
Va be’….si vede che doveva andare così…   In foto: Malinconia, di Edward Munch, 1894

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Il reinventarsi non ha tempi brevi

I saggi dicono che bisognerebbe essere capaci di reinventarsi giorno per giorno, senza dare nulla per scontato.  Facile a dirsi ! Per niente facile però a realizzarsi, perché ogni volta che proviamo a reinventarci dobbiamo fare i conti con il senso di perdita di quel che lasciamo e con l’incertezza del nuovo che cerchiamo.

Quando Lucio e sua moglie hanno finalmente deciso di separarsi dopo più di 30 anni di matrimonio e molte incomprensioni, lui si immaginava che sarebbe stato relativamente facile ricostruirsi una nuova vita: nuova casa, nuove libertà, nuovi rapporti e la possibilità di vivere più felicemente la quotidianità secondo i propri desideri. Niente di più fallace ! Dopo un anno Lucio non ha ancora superato un sottile senso di fallimento che lo prende, soprattutto non appena si sveglia il mattino, per il suo matrimonio finito; e la nuova vita ogni tanto fa capolino, ma non gli è ancora chiaro cosa veramente, di tutte le inedite esperienze che ha fatto nel corso dell’ultimo anno, gli interessa veramente e cosa invece no.

A Francesca, 59 anni, l’occasione di reinventarsi si è invece presentata a seguito di una vicenda lavorativa. La società per cui lavorava, in evidente crisi di sopravvivenza, le ha chiesto, se voleva mantenere il posto, di trasferirsi in un’altra città, molto lontana dalla sua dove aveva casa, famiglia, amici e abitudini. Dopo una penosa riflessione, Francesca ha deciso che il cambiamento di città non le stava bene e che, se cambiamento doveva essere, allora questo poteva significare interrompere l’attività lavorativa full time in anticipo rispetto alle sue aspettative, cercare qualche incarico retribuito coerente con la propria professionalità e liberare del tempo prima impiegato nel lavoro per dedicarsi a tutto ciò che aveva sempre tenuto in un cassetto negli anni precedenti. Ma anche per lei la transizione non è stata indolore, né veloce. Oggi, dopo molti mesi, ancora si interroga sulla bontà della propria scelta: le prende spesso un senso di vuoto e di perdita per la mancanza di tutto il contesto sociale che comportava il lavorare in un ambiente organizzato e, pur non essendo priva di iniziativa, da una parte fatica a trovare incarichi che le diano un minimo di soddisfazione economica e dall’altra i suoi sogni nel cassetto (viaggi, teatro, un impegno civile per l’ambiente) non riescono ancora a precipitare in qualcosa di abbastanza concreto, qualcosa capace di dare un significato alla sua vita paragonabile a quello precedente.

Così, tanto Lucio quanto Francesca sperimentano che il reinventarsi è un atto di coraggio che rivitalizza, ma che contemporaneamente costa fatica e richiede tempo.   Costa fatica l’allontanarsi dalla situazione consolidata e ben conosciuta su cui abbiamo costruito per tanto tempo la nostra identità, al punto che paradossalmente diventa più facile accettare il cambiamento da parte di chi vi è stato forzato piuttosto che da parte di chi l’ha scelto. Ma costa fatica anche la ricerca del nuovo modo di vivere e l’incessante attività di adattamento e di ricerca del proprio benessere e della propria felicità.

Inoltre, chi a buon diritto può dire che da senior è riuscito a reinventarsi, sicuramente può anche testimoniare che non basta un atto momentaneo di coraggio: il cambiamento non lo si ottiene nel tempo di uno schioccare di dita; al contrario, l’elaborazione del senso di perdita per ciò che si lascia e l’atterraggio in un nuovo assetto di vita soddisfacente richiedono tempi lunghi e capacità di non scoraggiarsi.

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Non si tratta solo di sesso…

Nelle ultime settimane ho ricevuto, inviate alla rubrica “Invia la tua storia”, vari messaggi che parlano di Viagra, Cialis e Levitra.  Ne riporto un paio.

Sotto il titolo “Come dovrei comportarmi?”, Rossana scrive: “Siamo una coppia di ultrasessantenni. In questi giorni ho scoperto da vie traverse ma con i miei occhi, che mio marito fa uso spesso di Cialis a mia insaputa. Potrebbe anche essere normale, se portasse dei benefici anche a me. Ma c’è una piccola cosa che fa la differenza. Non abbiamo rapporti intimi io e mio marito pur vivendo nella stessa casa e nello stesso letto da tanti anni. Lui dice che lo prende perché lo fa stare meglio, ma meglio con chi? gli chiedo io. Il Cialis non è un’aspirina per il mal di testa, o sbaglio? Come può reagire seriamente una donna di fronte ad una cosa che sa tanto di presa in giro? Cosa può pensare e come si deve comportare una donna- moglie di fronte ad un simile fatto? Accetto consigli. Grazie”

Il secondo post che riporto è di Giorgio Boratto e racconta del suo libro: “Sono l’autore di un libro dal titolo Bourbon & Viagra che racconta di un cantante country quasi settantenne che trova con il Viagra una seconda giovinezza sessuale… Il romanzo racconta la cavalcata, attraverso le canzoni country, di Martin Hedger, un cantante che si muove tra il Missouri, Nashville, Memphis e l’Alabama sulle orme di Johnny Cash e Willie Nelson.  Con in testa un cappello da cowboy, Martin Hedger vorrebbe lasciare traccia. Ma viaggiando nel vento il suo mondo dura quanto una canzone. Martin è così: uno dei tanti che si stupiscono d’invecchiare, ma hanno riempito la loro vita di tutti gli elementi che lasciano un cappello pieno di pioggia. Martin Hedger ha il vantaggio di essere ironico e trova un senso comico nella sua ricerca di sesso a tutti i costi. Come finirà? Nessuna indicazione, ma la sua vita è piena di indizi.”

Il Viagra, copostipite dei farmaci che aiutano le prestazioni sessuali, ha compiuto 15 anni pochi mesi fa. Non c’è dubbio che, insieme ai ritrovati che l’hanno seguito, abbia prodotto una piccola rivoluzione non solo nei comportamenti sessuali, ma forse ancor di più nelle aspettative, nell’immaginario, nelle relazioni, nei sentimenti e nei timori di uomini e donne senior.

Secondo il rapporto Coop 2013, i consumi in generale continuano a calare. Di recente diminuiscono soprattutto quelli legati ai cosiddetti vizi: il consumo degli aperitivi è calato del 5%, quello dei superalcolici del 3%, il vino ha registrato un -4% e in due anni le sigarette fumate sono state il 14% in meno. Persino il caffè, che è parte delle nostre abitudini quasi quanto gli spaghetti, in sei anni ha avuto una contrazione del 21%. Viagra ed affini invece no, loro vanno in controtendenza: + 8% in due anni, complice sì l’uso anche da parte dei più giovani, ma soprattutto la maggiore diffusione tra gli over 55. Se questa non è una piccola rivoluzione nei costumi…

Se, come racconta Boratto, il viagra può aver portato sensazioni di nuove opportunità, nuovi modi d’invecchiare e pure un po’ di comicità e di autoironia, d’altra parte, come invece testimonia Rossana, la “virilità maschile a tempo” può produrre nuovi sbandamenti.

“Il viagra potrebbe essere l’ultimo sfasciafamiglie” ha sostenuto la giornalista Terry Marocco su Panorama, che argomentava così: “La seconda giovinezza sessuale dei maschi ha messo in difficoltà unioni che da tempo avevano superato brillantemente la crisi del settimo anno” e suggerisce che il raddoppio dei divorzi in Italia degli ultrasessantenni negli ultimi dieci anni sia attribuibile anche a questi farmaci. Nello stesso articolo si riporta l’opinione di Paola Beffa Negrini, psicologa all’Università Cattolica di Milano, che sull’argomento ha condotto uno studio per la società di geriatria: “Oggi gli uomini hanno più carte da giocarsi rispetto alle coetanee settantenni. E le lasciano più facilmente, credendo che tutto si possa risolvere con le pillole, anche se poi senza la vecchia moglie non sanno neanche dov’è la tintoria”. Davvero vogliamo pensare che l’aiutino non possa essere a beneficio anche delle coppie più assestate ?

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Perché mi manca qualcosa ?

Pubblico tra “Le vostre storie” un commento inviato in agosto da Diana.
Cari coetanei,
trovo in tutti voi e nelle vostre storie di vita qualcosa che appartiene anche a me: la separazione dopo 35 anni di matrimonio, la pensione, l’importanza delle amicizie, l’impegno in attività sociali ecc. Io tuttavia passo da momenti di serenità a momenti di solitudine e sconforto. Ho una relazione con un uomo di cui non potrò mai essere la compagna, a volte questa relazione mi basta a volte mi fa soffrire. Forse sto sbagliando tutto anche in questa fase di vita. Amo tanto ballare e lo faccio, con un bel gruppo di amiche e facciamo pure delle esibizioni! La mia vita è piena di cose ma perché mi manca qualcosa? Mi manca l’amore con la A maiuscola! Ho ragione o sono una stupida illusa di 63 anni?

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Risveglio o letargo?

Da parte di Melacotogna: Dopo 5 anni da sola mi sposai a mezz’età con vedovo e figli putativi adolescenti; lavoro, casa, scuola di questi figli putativi, genitori anziani, spesa, qualche invito in casa e fuori: un turbine, da cui ero schiacciata e sempre piu’ pressata; lui diceva che quando i ragazzi sarebbero cresciuti, ci saremmo divertiti di piu’; invece gli fu presentata una straniera molto piu’ giovane dopo 8 anni dal mio matrimonio: bugie, complicità ed omertà di tutta la sua famiglia, e i suoi amici mi resero isolata ed esaurita, non ci credevo a questo triplo tradimento; mi indusse a separarci con un modesto benservito ed ancora fandonie, anche sul letto di morte dei miei genitori; solo ultimamente ho saputo che se la passa bene e si è pure sposato quella giovane, i ragazzi si son pure sposati e vivono felici e contenti. Il mio tempo mi pare perso e mi fa rabbia se mi dicono “non ci pensare”. Gli anni son passati e son rimasta da sola, ma aiuto ancora bimbi in difficoltà ed altro volontariato, ma nelle feste sto a casa, non ho piu’ una rete sociale da poter scegliere, a parte pochissime persone e la fede che è stata messa a dura prova.

Risveglio, risveglio, non letargo… Più che “non ci pensare”, “pensa che c’è ancora un futuro!”

In foto: di Eva Gonzales, “Risveglio mattutino”

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Speranze e delusioni

Scrive Frappi: Tra pochi giorni compirò 61 anni, sempre più spesso mi ritrovo a pensare a quel che ne è stato della mia vita e ogni volta mi rimane quell’amaro in bocca e nel cuore . Sognavo cose che per varie vicissitudini non ho realizzato, e pazienza, la vita si sa……ma dopo gli anta è stato pure peggio, la malattia, la delusione nell’aver scoperto quanto abbia sbagliato nella scelta del “compagno di vita”e la naturale conseguenza della separazione dopo quasi 30 anni , la tanto desiderata pensione dopo una vita di lavoro e sacrifici che mi avrebbe permesso di riprendere in mano la mia vita , qualche viaggetto o semplicemente coccolarmi nel mio letto senza la odiata sveglia alle 6:30 , è andata in fumo, chissà forse tra 4 o 5 anni!!!! ma intanto io mi sento stanca e faccio sempre più fatica a riprendermi, ma ai nostri politici cosa gli frega, loro stanno BENONE, ci succhiano il sangue e ridono. Eppure avrei tanta voglia di ricominciare, ma da dove!!! sarà ancora una volta illusione/delusione?   In foto: signora di spalle.

 

 

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Un sorriso

Scrive Simonetta: Sto uscendo con fatica da un periodo triste e doloroso in cui tutto è stato buio, difficile. Prima la morte del mio amato padre, un problema di cuore che speravo sarebbe riuscito a superare anche questa volta come aveva fatto in passato e invece questa volta non ce l’ha fatta. Poco dopo mio marito mi ha lasciato, la nostra era un’unione che durava da trent’anni ed è stato tremendo accorgersi che era tutto finito, non me l’aspettavo, non riuscivo a farmene una ragione, anche adesso mi si ferma il cuore a pensarci. A quel punto mi sono ammalata io, depressione mi hanno detto, mista a una quantità di malanni e malesseri che mi hanno prostrata. E’ stata dura uscirne, ho sempre pensato di essere una persona solida ma in quest’occasione da sola non ce l’ho fatta. Ho avuto la necessità dell’ aiuto di una psicologa che mi ha aiutato molto e soprattutto mi hanno aiutato alcune amiche che non mi hanno mai abbandonato e mi sono state vicino. Ho un ricordo preciso di un momento di prostrazione, in cui avevo vicino a me un’amica che mi ha sorriso. Un sorriso di affetto, di comprensione, di vicinanza che mi ha fatto tanto bene. Ecco, quel sorriso penso che sia stato il momento della mia ripresa, del tornare a dare un senso a vivere perché mi diceva che non ero sola e che qualcuno mi voleva ancora bene. Anche adesso, che spero sia finita la parte più brutta, confido molto nel valore dell’amicizia e penso che il calore di questi rapporti umani sia da solo sufficiente per avere ancora voglia di vivere. Grazie. Simonetta. In foto: tre amiche

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