Da parte di Simone: E’ una lotta quotidiana contro la depressione. Ci sono giorni che vinco e giorni che perdo. Sono di più i giorni che non accetto di rimanere steso al tappeto, nel senso che al tappeto ci sono finito ma cerco tutte le energie che mi sono rimaste nel corpo e nell’anima perché non voglio credere che il sottoscritto, fino poco tempo fa considerato bell’uomo (così mi dicevano), di discreto successo, con delle belle qualità, adesso annaspo. Le donne mi guardano ormai come si guarderebbe un paracarro e d’altra parte non è che le fantasie sessuali abbondino. Lasciamo perdere… Sono separato da tanti anni e ho avuto altre relazioni, anche importanti, ma adesso la sola idea di impegnarmi in un nuovo rapporto mi mette il prurito. Pensavo che la mia professionalità costruita in tanti anni di lavoro in una grande azienda mi avrebbe permesso di dare un contributo da volontario in qualche associazione, ma ho scoperto con grande delusione che queste associazioni sono un mondo di potere dieci volte peggiore di quello aziendale e oltretutto meno organizzato. Ci riproverò, ma ormai senza grandi attese… Il momento più difficile è quando mi rendo conto di essere insignificante agli occhi degli altri. Un caro amico mi dice sempre che adesso che siamo in pensione è il momento di vivere giorno per giorno quel che succede godendo delle piccole cose e senza fare programmi. Probabilmente ha ragione lui, anzi sicuramente ha ragione lui perché lo vedo sempre sereno, ma per me è davvero difficile mettermi in questa prospettiva. Io senza qualcosa che mi prende, che mi interessa, che mi chiede di tirar fuori le mie capacità, non sono soddisfatto. Non do la colpa a nessuno. Se alla mia età non sono in pace con me stesso è solo responsabilità mia. E comunque bisogna guardare avanti. Questa storia é pubblicata anche su Osservatorio Senior.
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Il senso delle mie giornate
Sono andata in pensione quattro anni fa. Il mio lavoro è stato molto impegnativo, dal punto di vista sia fisico sia mentale. Lavoravo in una grande azienda e i problemi interni erano tantissimi e difficili. Nonostante questo non pensavo di lasciare un lavoro che comunque amavo, ma la malattia con la quale ho combattuto negli ultimi anni e le continue battaglie interne mi hanno convinta ad un certo punto che era meglio smettere.
La mia vita è stata un’altalena di alti e bassi, di difficoltà e avventure. Comunque credo di aver sempre trovato la forza per affrontarle e superarle. Dopo la laurea sono seguiti 6 anni di precariato (anche allora esisteva…), poi finalmente è arrivata l’assunzione. Ho svolto il mio lavoro con passione, amandolo in modo quasi viscerale, dedicando una grande quantità di tempo e sempre convinta che stavo facendo qualcosa di importante per me, ma anche utile per gli altri.
Una volta smesso, tutti – ed io per prima – pensavano che avrei sentito un enorme vuoto, anche perché sono single e quasi tutti pensano che da single è più difficile vivere gli anni della pensione. Non è così… ora sono felice di appartenere alla schiera dei pensionati. Adesso gestisco a piacimento il mio tempo libero. Mi piace molto leggere, anzi diciamo pure che divoro una grande quantità di libri. Cerco di tenermi aggiornata su qualsiasi argomento, dalle nuove scoperte scientifiche che mi hanno sempre incuriosito alle notizie di economia che, a differenza di quel che dicono le mie amiche, non mi annoiano per niente. Ma ho anche altri interessi, come andare a teatro e non conosco, quasi più, la parola stress. Frequento gli amici di sempre e le ex colleghe e ho fatto in modo che la malattia non tarpasse la mia voglia di fare ogni tanto qualche viaggio e di curare il mio aspetto. Di recente poi collaboro con un’organizzazione di volontariato per dare sostegno a ragazzi disagiati e questo sicuramente ha dato un senso forte alle mie giornate. La storia di Erika é stata pubblicata anche su Osservatorio Senior
Una fotografia in chiaroscuro
Connessi e solidali, ma timorosi del futuro.
Una fotografia in chiaroscuro quella sui senior italiani illustrata venerdì scorso dal Censis nel suo 48° Rapporto sulla situazione sociale del Paese.
Come al solito i dati e le riflessioni del Rapporto richiederanno uno studio attento, ma alcuni aspetti già comunicati balzano subito agli occhi.
Ad esempio: i senior sono sempre più solidali e fungono da perno familiare: circa 4 milioni e mezzo di over65 si prendono cura di altre persone anziane non autosufficienti e di queste quasi 1 milione lo fa in modo regolare. Per non parlare dei 3,2 milioni che si prendono regolarmente cura dei nipoti e dei 5,7 milioni che lo fanno di tanto in tanto; oltre al milione e mezzo che contribuisce regolarmente con i propri soldi alla famiglia di figli o nipoti e ai 5,5 milioni che lo fanno di tanto in tanto.
I senior sono anche sempre più connessi in rete: che il trasporto verso i social network fosse inarrestabile lo si sapeva, ma colpisce comunque la dimensione del fenomeno: gli utenti facebook over55 sono aumentati del 405 (quattrocentocinque)% in cinque anni.
Questi forti segni di vitalità non portano però ad una visione ottimistica. Infatti, tra le generazioni a cavallo tra i maturi e i senior, sono tantissimi coloro che temono il futuro, come è testimoniato dal 64% dei 45-64enni che ha paura di finire in povertà.
E la situazione lavorativa ed occupazionale è decisamente in chiaroscuro. Se da una parte si rileva il boom di occupati over50 registrato dal 2011 a oggi (+19,1%), anche come effetto dello spostamento in avanti dell’età del ritiro dal lavoro, o se colpiscono i 2,7 milioni di persone over65 che svolgono ancora attività lavorativa (regolare o in nero), dall’altra parte rimane alto il numero d’inattivi over50 (oltre 17 milioni) e la grande maggioranza di essi (circa 14 milioni) non cerca lavoro e si dichiara indisponibile a lavorare.
Rigenerarsi
Scrive Carlo: Un paio di anni fa ho smesso di praticare la mia attività di medico e da allora ho ricominciato a fare il medico. Mi spiego: era arrivata l’età della pensione ma non avevo alcuna voglia di mettere in un cassetto la mia professione. Non dover più combattere con la burocrazia sanitaria e non essere più ossessionato dagli orari, a questo sì ho rinunciato volentieri ed ero contento di togliermi queste scocciature dai piedi. Ma il rapporto con i pazienti è sempre stata la mia vita e a quella non volevo rinunciare. Alcuni amici che lavorano in un’organizzazione di volontariato e che conoscevano questo mio desiderio mi hanno proposto di trascorrere due periodi l’anno in posti del mondo dove c’è un gran bisogno di medici e ci sono centri di questa organizzazione. All’inizio ero molto perplesso, non solo perché temevo di non essere in grado di reggere la fatica fisica imposta da questi luoghi disagiati, ma anche perché la mia filantropia non era arrivata ad immaginare una sfida del genere. Alla fine mi sono fatto convincere e ci ho provato. E’ stata un’esperienza indescrivibile: molto dura ma anche emozionante, con emozioni che non provavo da tanto tempo. Mi sono sentito utilissimo, ho toccato con mano le differenze del mondo, ho conosciuto realtà che mai avrei immaginato esistessero e persino sul lato professionale mi sono accorto che avevo bisogno di migliorarmi, di studiare cose che non conoscevo. Dopo due esperienze di questo genere posso dire che è stato un vero modo per rigenerarmi, non avrei potuto immaginare un passaggio migliore verso la mia stagione da pensionato.
Ursa minor
Scrive Renata: “Ciao a tutti coloro che mi leggeranno!
Sono una signora sessantenne, di Roma simpatica e giovanile, che pratica pilates e yoga, fa volontariato in una struttura oncologica: da qui ha imparato a vivere con giusto distacco ed a collocare gli eventi nelle opportune priorità.
Perchè mi sono appellata “ursa minor”? vivo spesso nella mia tana, anche se non mi dispiace la compagnia.
Figli grandi, autonome, vivo da sola, potrei dire felicemente, gestendomi i tempi e i modi della giornata secondo il mio criterio, ormai irrinunciabile .
Ci sono altri orsi in giro??”
Quale volontariato una volta in pensione?
Scrive Carlo: Correva l’anno 1975 e ricordo come fosse ieri quanto è successo alle ore 7.30 del primo di luglio di quell’anno: vestito di tutto punto, in giacca e cravatta, seduto sul bordo del letto a mo’ Penseur di Rodin…..mancava un’ ora all’ inizio del mio primo giorno di lavoro.
Entra nella stanza colei che sarebbe divenuta mia moglie, e mi chiede: Cos’ hai ?
Alcuni secondi d’esitazione e arriva la risposta: VOGLIO ANDARE IN PENSIONE!
Da quel giorno, passati alcuni decenni, verso la fine dei miei cinquant’ anni, vengo espulso, alquanto brutalmente, dal mondo del lavoro, riesco ad andare in pensione e per quei casi della vita mi ritrovo in una selva…..composita ed entropica.
Ovvero entro a far parte del mondo del Terzo Settore e precisamente in una OdV, Organizzazione di Volontariato. Per OdV intendo quelle Associazioni, radicate sul territorio, con una ben definita mission, sostanzialmente destrutturate, con un capo carismatico e un numero più o meno contenuto di “follower”, per usare un termine alla moda.
Dopo dieci anni di permanenza in due o tre OdV, la mia diagnosi è che queste potrebbero dare un contributo notevole alle tematiche sociali, se utilizzassero e/o fossero aiutate a far buon uso delle loro energie, capacità, esperienze, idee secondo modalità sinergiche e finalizzate.
Invece con l’avvento della rivoluzione digitale, con le nuove tecnologie, vedo le OdV trasformarsi in tante Fortezze Bastiani… Quando in questi ambienti provi a parlare di strumenti digitali, di app, di smart cities, di smart communities e simili, vieni immediatamente guardato con sospetto…e le reazioni sono quasi sempre: quali reconditi fini ci sono dietro ? non fa per noi…
Pensare che invece le OdV sono organizzazioni che potrebbero avere un effetto antenna decisamente importante, come dare suggerimenti su come gestire tematiche sociali prima che diventino irrisolvibili. Ecco perché bisogna andare oltre al volontariato inteso come mera disponibilità individuale per un impegno individuale. In foto: un senior al computer
Guai a sentirsi inutili !
Scrive Tino: Sto vivendo un momento particolare in cui mi sento in sospeso e che mi aspettavo più semplice. Ho smesso di lavorare e sono andato in pensione circa sei mesi fa. Non avevo progetti particolari in mente per il “dopo”, ero solo contento di poter tirare il fiato perché negli ultimi anni facevo sempre più fatica, mi pesavano sempre di più il ritmo e le responsabilità di lavoro. Così ho preso i primi mesi di “libertà” con molta tranquillità, era anche la bella stagione e li ho trascorsi come se fosse una lunga vacanza. Poi però, sul finire dell’estate, ho cominciato ad essere inquieto perché mi sembrava che stavo buttando via le giornate. Ho incominciato a preoccuparmi perché le tante ore da “sfaccendato” non erano più vacanza, ma solo inutilità. L’idea di ritrovarmi al bar a giocare a carte o di essere preso di mira da tutta la famiglia per sbrigare commissioni varie mi terrorizzava. Mi sono messo a fare lunghe passeggiate, un po’ per stare fuori casa, un po’ perché se cammino penso meglio e volevo proprio pensare bene a quali soluzioni c’erano. Mi sono detto che devo trovare assolutamente un’attività che non mi isoli dal mondo, in cui i rapporti con le altre persone siano importanti, questa é per me la cosa più importante. E poi che sia anche un’attività che mi impegni il cervello su qualcosa di concreto. A seguito di questo ragionamento, sto provando a cercare due cose: un lavoro che mi impegni meno tempo di quello che ho sempre fatto e che mi consenta di utilizzare le mie esperienze lavorative (ho messo in giro la voce tra i conoscenti e gli ex colleghi, ma per il momento i segnali non sono incoraggianti) oppure un’attività di volontariato in qualche associazione che mi faccia sentire utile. Qui la situazione sembra più promettente: ho contattato un paio di associazioni e mi hanno detto che potrei dare una mano. Quel che adesso sto cercando di capire meglio, per essere onesto con me stesso e anche con gli altri, è se lo farei solo per me, per rispondere al mio bisogno di oggi, o se ho veramente una spinta a dare un aiuto al prossimo.
Io sono arrivato a questo punto. Anche se ancora non so come andrà a finire, un suggerimento mi sento di darlo a tutti i coetanei che si trovano in questa situazione: fatevi dei progetti per il “dopo” PRIMA di rimanere con le giornate vuote !
Le associazioni son la mia famiglia
Da parte di Ortensia: Circa 13 anni fa sono stata lasciata dal vedovo a cui avevo cresciuto negli 8 anni precedenti 2 suoi figli adolescenti; c’è stata di mezzo anche una sentenza del Tribunale Ecclesiastico; credevo di riprendermi in un percorso di coppia a 46 anni, invece debbo ammettere che anche se non ci scegliamo il nostro status civile, le alternative sono occasione di maggior tempra nel carattere e nel riuscire a vivere in casa da soli: ma le associazioni di volontariato mi son state di stimolo per riprendere gli studi di lingue e storia dell’arte; inoltre per 3 pomeriggi, da oltre 10 anni seguo dei percorsi educativi con bimbi diversamente abili: ne ho seguiti 8 su turni di 2 all’anno, così tengo contatti anche con le équipes socio-sanitarie di zona; certo era il mio vecchio lavoro fare l’educatrice, ma ora ho meno quantità di ore e piu’ qualità d’impegno. Ciò che mi mette in crisi son le vacanze, e le domeniche perchè spesso le altre donne mie coetanee hanno i nipotini ecc.; sopperisco andando da parenti lontani o con orticello, bicicletta e piscina, andandoci da sola se non ho compagnia.
Valorizzare le competenze dei senior
Mi sono imbattuto di recente nella notizia che sta per partire “Outplacement per il sociale”, una iniziativa per i senior che non hanno ancora raggiunto i 70 anni, già pensionati o nella fase di uscita definitiva dall’azienda, che desiderano mettere a disposizione il proprio capitale di esperienze e competenze al servizio della comunità. L’iniziativa, articolata in incontri formativi e di outplacement, colloqui di counselling, progetti individuali e stage come volontari presso associazioni, è organizzata da Aldai (l’associazione lombarda dei dirigenti di aziende industriali), dalla no profit Associazione Nestore e dal Centro di servizi di volontariato della Provincia di Milano, con fondi del Governo messi a disposizione nel 2012 in occasione dell’anno europeo per l’invecchiamento attivo.
In luglio era apparsa un’altra notizia dallo stesso sapore, questa volta non in terre lombarde, ma liguri: è stato approvato e finanziato dall’Unione Europea il progetto Senior Capital, portato avanti dalla Regione Liguria in collaborazione con Auser, che sperimenta un servizio di accompagnamento e formazione alla progettualità personale dopo che si è concluso il periodo lavorativo, valorizzando in particolare una serie di azioni dei senior nei confronti dei più giovani.
Sono due buone notizie, che segnalano sia l’esistenza di un’istanza forte tra i senior, sia la possibilità di dare risposte positive a questa istanza. Il tema è che molto spesso le persone che hanno o stanno mettendosi alle spalle un lavoro che ha permesso loro di acquisire un significativo capitale di conoscenze e abilità, hanno voglia di riprogettarsi, di rimettersi in gioco, di sentirsi utili per gli altri anche se in modo diverso da prima. Sono moltissime le testimonianze raccolte che vanno in questa direzione e sono facilmente spiegabili con il fatto che chi sta abbandonando il lavoro o lo ha interrotto da poco ha a disposizione del tempo liberato e molto spesso unisce a questo la voglia di essere ancora parte attiva della società.
Un’istanza di questo genere si sposa molto bene con un’esigenza collettiva di riutilizzo di professionalità e competenze a favore del sociale (associazioni di volontariato, organizzazioni no profit, nuove generazioni). Purtroppo però, molto spesso il matrimonio tra questa istanza individuale dei senior e l’interesse pubblico non riesce perché manca la capacità di trasformare le proprie vaghe motivazioni individuali in progetti oppure per la non conoscenza dei luoghi dove si potrebbe prestare la propria opera in modo utile. Ben vengano dunque iniziative come quelle che ho citato se saranno capaci di dare uno sbocco alle istanze individuali e contemporaneamente di valorizzare un capitale di professionalità a favore della collettività. E ben vengano vostre segnalazioni di iniziative con le medesime finalità In foto: due volontari.
Il piacere di avere impegni
Scrive Gabriella: Care ragazze e cari ragazzi di sessant’anni, buongiorno a tutti. Una settimana fa sono rientrata in città, vivo a Milano, dopo un lungo periodo in campagna dove ho trascorso l’estate. So che sono fortunata perché posso permettermi vacanze così lunghe, d’altra parte sono in pensione da qualche anno e la casa dove passo l’estate l’avevo messa in piedi insieme a mio marito, che adesso purtroppo non c’è più, quando eravamo ancora giovani. Lì ho moltissimi ricordi e mi piace tantissimo curare il giardino e l’orto, è un posto dove le giornate mi passano veloci e dove mi sento a contatto con la natura. Ci sto bene, però faccio un po’ l’orso e questa invece non è una buona cosa. Anche perché non è completamente nella mia natura starmene da sola, diciamo che mi adatto alle situazioni, se ci sono le condizioni per la solitudine me ne sto da sola, se la compagnia è buona, viva la compagnia ! Adesso che sono rientrata in città, nel giro di pochi giorni mi sono immersa di nuovo nel clima e nel ritmo cittadino, ho ripreso i contatti con l’associazione dove faccio volontariato e mi hanno già coinvolta in due riunioni, mi sono iscritta a un corso di spagnolo, ho organizzato una cena con due vecchie amiche e sto prendendo un impegno con un piccolo editore amico per revisionare dei volumi che vorrebbe ripubblicare (è il mio vecchio lavoro) . Il piacere che ho provato nel ritrovarmi di nuovo attiva ed impegnata, dopo la lunga estate, è stato una bellissima sorpresa. Non che in campagna non fossi attiva (il giardino e l’orto, appunto), ma questi impegni cittadini mi danno una carica e una soddisfazione che non mi aspettavo. Forse sono anche rassicurata dal vedere che posso ancora fare delle cose utili e interessanti malgrado gli anni che passano. Ciao a tutti. Gabriella. In foto: donna sorridente